Sono stati pubblicati, sull’ultimo numero della rivista International Journal of Molecular Sciences 2022, i risultati di una importante ricerca svolta dall’Unità di Urologia, Andrologia e Trapianto dell’Università di Bari Aldo Moro.
In questo studio, i ricercatori e chirurghi dell’Università di Bari hanno identificato e caratterizzato dal punto di vista molecolare un particolare sottotipo di carcinoma renale con caratteristiche di alta aggressività. E’ stato evidenziato che quei tumori renali che iper-esprimono una particolare proteina di membrana chiamata Mucina 1, presentano peculiari alterazioni del metabolismo cellullare e possono essere identificati attraverso il dosaggio di un marcatore presente nel sangue.
Questo marcatore, conosciuto col nome di CA15-3, è ampiamente utilizzato nella pratica clinica per la diagnosi e il follow-up delle donne con tumore della mammella. Poiché deriva dalla Mucina 1, i ricercatori baresi hanno scoperto che i suoi livelli si presentano alterati anche in quella sottopopolazione di pazienti con forme più aggressive di carcinoma renale. Questa scoperta è stata validata in una popolazione di quasi 500 pazienti tutti operati presso l’U.O. di Urologia Universitaria del Policlinico di Bari. Gli autori sono: Giuseppe Lucarelli, Monica Rutigliano, Davide Loizzo, Nicola Antonio di Meo, Francesco Lasorsa, Mauro Mastropasqua, Eugenio Maiorano, Cinzia Bizzoca, Leonardo Vincenti, Michele Battaglia, Pasquale Ditonno.
Il carcinoma renale a cellule chiare rappresenta il tumore maligno più frequente del rene, uno dei più aggressivi dell’uomo. La mancanza di sintomi specifici e la sua spiccata resistenza ai farmaci chemioterapici lo rendono uno dei tumori più difficili da diagnosticare e da trattare. A oggi, i meccanismi molecolari che ne causano lo sviluppo e la progressione non sono stati ancora completamente chiariti. Inoltre la eterogeneità biologica e clinica di questa malattia ne incrementa la sua complessità in considerazione anche del fatto che non abbiamo marcatori che siano di ausilio nella diagnosi precoce e nella identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia.
Questo studio, coordinato dal prof. Lucarelli Giuseppe sotto la supervisione del prof. Pasquale Ditonno, si basa sull’osservazione che il carcinoma renale è fondamentalmente una malattia metabolica. Spesso si sviluppa in forma aggressiva proprio in quei pazienti che presentano alterazioni del metabolismo come sindrome metabolica, diabete, obesità, insufficienza renale.
Il gruppo barese è stato tra i primi al mondo a studiare questo tumore dal punto di vista del metabolismo cellulare e a identificare una serie di nuovi marcatori che potessero essere di ausilio nella diagnosi precoce e nell’identificazione di quei pazienti a rischio di sviluppare una recidiva della malattia dopo l’intervento chirurgico a scopo curativo. Va specificato che oggi la chirurgia rimane il trattamento fondamentale per il controllo di questa malattia anche nelle forme più avanzate. L’introduzione della tecnologia robotica, ampiamente utilizzata dagli stessi autori dello studio per il trattamento mininvasivo di questo tumore, in associazione alle nuove terapie a bersaglio molecolare ha rappresentato un ulteriore avanzamento nella cura e nel trattamento di questa malattia.
I risultati ottenuti da questa ricerca hanno importanti implicazioni non solo dal punto di vista della conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo dei tumori renali, ma presenta importati ricadute dal punto di vista clinico perché ha consentito di identificare un marcatore di aggressività facilmente dosabile attraverso un banale prelievo di sangue ed inoltre pone le basi per lo sviluppo di terapie che riconoscano la Mucina 1 come bersaglio molecolare di nuovi farmaci.
In conclusione, i dati della ricerca barese, on-line sulla rivista International Journal of Molecular Sciences, dimostrano come la proteina Mucina 1 sia un fattore chiave nello sviluppo di forme particolarmente aggressive di carcinoma renale, e suggeriscono che la sua forma circolante nel sangue possa essere utilizzata come marcatore predittivo di recidiva oltre che di possibile risposta terapeutica all’utilizzo di inibitori di Mucina-1 (nuovi farmaci a bersaglio molecolare) in pazienti con cancro del rene.
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