Secondo le direttive dell’Unione Europea, un impianto industriale non può ottenere l’autorizzazione se comporta danni eccessivi alla salute. Solo in casi particolari è concesso ritardare le misure per ridurre l’impatto ambientale. Queste sono le conclusioni di Juliane Kokott, avvocato generale della Corte UE, riguardanti il caso dell’ex Ilva. Il Tribunale di Milano ha richiesto l’intervento della Corte per valutare la situazione alla luce delle direttive UE sulle emissioni industriali. Tuttavia, le conclusioni dell’Avvocato Generale non vincolano la decisione finale della Corte UE.
Secondo Kokott, se l’inquinamento proveniente dall’impianto provoca danni significativi alla salute umana, devono essere adottate ulteriori misure protettive. Se non è possibile implementare queste misure, l’impianto non può ricevere l’autorizzazione. Riguardo alle azioni per ridurre gli effetti dannosi sull’ambiente, previste nelle condizioni di autorizzazione dal 2012 ma costantemente rinviati, Kokott sottolinea che le condizioni necessarie per rispettare le direttive precedenti dal 30 ottobre 2007 e la direttiva sulle emissioni industriali dal 7 gennaio 2014 dovevano e devono essere applicate dall’entrata in vigore dell’autorizzazione, senza ulteriori rinvii. L’Avvocato sottolinea che non devono essere tollerati episodi di inquinamento ambientale che ledono la salute umana, violando così i diritti fondamentali delle persone interessate, come già stabilito dalla Corte europea dei diritti umani nel caso dell’acciaieria Ilva.
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