”Siamo un gruppo di docenti precari della provincia di Taranto, supportati da colleghi di altre città. Scriviamo per denunciare gli innumerevoli soprusi che noi insegnanti siamo costretti a subire. Siamo trattati come “pacchi”, spostati da un istituto all’altro e, spesso, gettati via per far spazio a nuovi insegnanti. È una roulette russa: per anni lavori, poi arriva il numero sbagliato e ti ritrovi senza un incarico, con l’autostima a pezzi e punti persi”. Comincia cosi la nota di denuncia di un gruppo di docenti precari della provincia di Taranto.
“Già, perché ormai la carriera di un docente italiano è diventata un gioco a premi, dove bisogna collezionare punti per “passare di livello”. Le conversazioni tra colleghi suonano come questa: “Quanti punti hai?”, “Fai il CLIL?”, “Hai anche lo spagnolo?”. Il tutto ha un costo: seicento euro per il CLIL, seicento per la certificazione C2, duemila per l’abilitazione. E se non paghi, resti indietro”, continuano.
“Poi, c’è il tirocinio, anche per chi lavora da quindici anni: “Devi farlo, non puoi continuare a insegnare senza tirocinio”. E i concorsi? Ogni anno ce n’è uno nuovo. Non basta passare con ottimi voti, serve anche il servizio civile universale che ti dà un bonus. E se non lo hai fatto, resti fuori”.
“Le GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze) sono un altro incubo: “Alla domanda di giugno mi sono dimenticato di caricare l’ultima annualità…”. E non c’è nulla da fare fino al prossimo aggiornamento. Senza contare gli errori burocratici che costano caro: una collega si è dimenticata di inserire la laurea ed è stata cancellata dalle GPS, dopo vent’anni di servizio”.
“Si parla di classi digitali, ma il Ministero non riesce a creare un profilo digitale unificato per i docenti precari. A ogni concorso o aggiornamento, dobbiamo ricaricare lauree, titoli e servizi. E se sbagli tu, sei fuori, mentre il Ministero convoca anche docenti deceduti. Tutto questo per uno stipendio netto di 1600 euro, spesso reinvestito in corsi e certificazioni”, spiegano ancora i docenti nella nota.
“Non siamo solo burocraticamente oppressi, ma anche umiliati e a volte insultati da studenti, genitori e funzionari. “Meritiamo davvero di essere trattati così?” ci chiediamo. E la tanto decantata “continuità didattica”? È un ricordo lontano. Ormai, un professore resta in una scuola per pochi mesi, e tutto è improvvisato”.
“Chiediamo trasparenza nelle nomine, il ritorno in presenza delle scelte delle sedi e la fine dell’algoritmo che decide per noi. Vogliamo essere stabilizzati secondo le leggi europee, senza dover sostenere costi onerosi. Chiediamo concorsi equi, senza percentuali eccessive di precedenza per i riservisti. Chiediamo giustizia e democrazia, le stesse parole che ci chiedete di insegnare ai cittadini di domani. Lasciateci riscoprire questi valori per primi, e saremo in grado di trasmetterli alle nuove generazioni. Consegnamo loro un’Italia più giusta e democratica di questa”, concludono i docenti precari della provincia di Taranto.
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