La lunga vicenda giudiziaria, seguita alla dichiarazione di dissesto del Comune di Taranto del 2006, si arricchisce di un nuovo capitolo.
La terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 6726/2023 dello scorso 7 marzo), presieduta dal dottor Giacomo Travaglino, relatrice la dottoressa Chiara Graziosi, ha ribaltato la pronuncia della Corte di Appello ionica che nel 2020 aveva rigettato la richiesta di risarcimento avanzata dal Comune, basandosi sull’errato presupposto della carenza di prova di reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo. È stato così accolto pienamente il ricorso proposto dall’avvocato Stefano Caffio, difensore dell’ente in Cassazione.
«Al di là della possibilità e della volontà di procedere alla richiesta di risarcimento – il commento del sindaco Rinaldo Melucci – questa sentenza ci restituisce un riconoscimento sacrosanto: avevamo ragione a continuare nella nostra azione di tutela dell’istituzione comunale. Abbiamo posto un caposaldo, grazie all’oculata gestione della difesa portata avanti dall’avvocato Caffio, ossia che vi è stata un’amministrazione illecita delle finanze dell’ente. Responsabilità, quest’ultima, che pesa interamente su quei partiti di centrodestra che oggi, invece, tentano goffamente di riscoprirsi puristi».
La Cassazione, infatti, ha accolto in pieno le tesi difensive che hanno fronteggiato la complessità della vicenda. In tale ottica le “condotte” accertate rappresentavano in ogni caso un illecito civile meritevole di risarcimento, nonostante la prescrizione del reato. La sentenza, dunque, consentirà all’ente di chiedere un risarcimento per il danno stimabile in 500 milioni di euro per i noti fatti che portarono alla dichiarazione di dissesto, cioè il sistematico occultamento di rilevanti poste di debito dal rendiconto comunale, tali da renderlo non rappresentativo dell’effettiva situazione finanziaria.
Si tratta di una pronuncia innovativa, nonché di un solido precedente che vede affermarsi anche nell’ambito dell’amministrazione pubblica il principio, coltivato dalla difesa dell’ente, per cui indipendentemente dagli esiti penali della vicenda, resta saldo il diritto al risarcimento da illecito civile per le condotte che abbiano causato danni all’ente amministrato.
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