La Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Lecce, in collaborazione con la Squadra Mobile di Brindisi e la S.I.S.C.O. di Lecce, ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale del Riesame e confermata dalla Suprema Corte di Cassazione. I provvedimenti riguardano quattro soggetti accusati di associazione mafiosa legata alla Sacra Corona Unita.
Questi arresti sono il risultato di un ricorso presentato dalla Direzione Distrettuale Antimafia contro un’ordinanza del G.I.P., eseguita a dicembre scorso, che coinvolgeva 14 persone nell’operazione denominata TRIPUDIUM. La precedente ordinanza aveva riconosciuto solo l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, senza considerare l’appartenenza alla Sacra Corona Unita per i quattro odierni arrestati.
Le indagini della Squadra Mobile hanno confermato l’esistenza di una rete mafiosa attiva nei territori a confine con la provincia di Lecce, basandosi sulle dichiarazioni di un collaboratore. I territori di San Pietro Vernotico, Cellino San Marco e Trepuzzi risultavano sotto il controllo della S.C.U., coinvolta nella gestione del traffico di stupefacenti e di armi.
Il core business di queste frange della Sacra Corona Unita sarebbe il traffico di sostanze stupefacenti, gestito attraverso una struttura organizzativa gerarchica con ruoli ben definiti. Due gruppi operanti su distinte piazze di spaccio collaboravano sinergicamente, scambiandosi forniture di stupefacenti e utilizzando gli stessi pusher.
La capacità degli indagati di mantenere rapporti illeciti con esponenti della criminalità organizzata li qualificava come interlocutori di rilievo. Le prove investigative hanno evidenziato che gli indagati continuavano a far parte della Sacra Corona Unita, nota per la sua presenza stabile e intimidatoria nei territori di competenza, alimentata da vincoli di solidarietà e una cassa comune.
L’organizzazione gestiva il traffico di stupefacenti, controllando le piazze di spaccio, imponendo il pagamento del “punto” sui profitti e imponendo le proprie forniture anche attraverso minacce e violenze per consolidare il controllo del mercato degli stupefacenti.
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