“In politica e nella pubblica amministrazione ci sono cose che si possono spiegare con un tweet e cose che invece, per essere comprese, hanno bisogno di essere esaminate in tutta la loro complessità. Negli ultimi giorni ho letto troppe inesattezze sulla platea dei 1840 RMI e TIS. Per questo motivo occorre assolutamente fare chiarezza in merito a questo annoso e complesso problema, conseguenza delle tante scelte scellerate fatte dalle precedenti amministrazioni regionali”. Ad affermarlo è l’assessore allo sviluppo economico, lavoro e servizi alla comunità della Regione Basilicata, Alessandro Galella.
“Queste due platee, che nascono in modi e tempi lontani, dovevano offrire a persone in grave difficoltà economica la possibilità di acquisire una professionalità utile al reinserimento nel mondo del lavoro. Stranamente, all’interno di queste platee, oggi si ritrovano giovani nella fascia di età tra i 30 e i 34 anni e alcuni di loro hanno anche una laurea. Queste persone svolgono un servizio di pubblica utilità presso i Comuni e per questo servizio ricevono un ‘sussidio sociale’, che è cosa ben diversa da un contratto di lavoro. Per tale motivo non possiamo definirli ‘precari’ e purtroppo non possono godere – in virtù di norme nazionali molto chiare – di tutti i diritti che sono caratteristici esclusivamente di un contratto di lavoro: mi riferisco a ferie, malattia, pensione, ecc.
Il ‘sussidio sociale’ che ricevono in cambio dei loro servizi è di almeno 550 euro al mese. Scopro che in alcuni casi, così come dichiarato da alcuni di loro ai microfoni del TGR di Basilicata, chi percepisce questo ‘sussidio sociale’ svolge ‘lavoretti a nero’. Sul tema credo che vi saranno approfondimenti da parte delle autorità preposte.
Le regole per far parte di queste platee vennero stabilite dalle precedenti amministrazioni, e non da quella attuale, con un costo complessivo per le casse della Regione Basilicata di circa 20 milioni di euro all’anno. Soldi di tutti i contribuenti lucani.
Il lavoro iniziato circa dieci mesi fa è stato quello di approfondire la segmentazione di questa enorme platea – molto eterogenea – sulla base di una mappatura effettuata dall’Arlab con i comuni. Grazie a questo lavoro, mai fatto prima, oggi abbiamo un quadro chiaro.
Per fare qualche esempio che aiuterà a comprendere la complessità del problema, si consideri che presso il Comune di Potenza sono ben 134 a svolgere diverse mansioni, presso il Comune di Matera sono 128 e in quello di Tursi 32.
Le mansioni che svolgono vanno dalla guardiania alle piccole manutenzioni, giardinaggio, pulizie, ma anche supporto all’interno di vari uffici. Ben 571 unità possiedono un diploma o una qualifica professionale e in 31 hanno una laurea.
Oggi è quindi evidente a tutti che per una fetta importante di questa platea ci sono tutte le condizioni per poter entrare nel mondo del lavoro e sottoscrivere un vero contratto di lavoro.
La seconda fase del progetto immaginato – e già condiviso con sindacati, Anci, ecc. – è iniziata nel 2023, anno in cui metteremo in campo bandi specifici per ciascuna professionalità contenuta nella grande platea, in particolare avvisi pubblici per garantire servizi/misure alle famiglie in condizione di vulnerabilità socio- economica per il soddisfacimento di bisogni di cura e promozione sociale e poi daremo incentivi ad aziende e cooperative che volessero assumere questi lavoratori, supportando il pensionamento di quelli che hanno un’età idonea.
Di conseguenza, come è già stato chiarito, la volontà è di non lasciare nessuno indietro. Anzi, di aiutare tutti. E di farlo concretamente, per migliorare le condizioni sociali ed economiche di ciascuno. Assicureremo a tutti la continuità nel sussidio sociale di cui già godono, ma con l’impegno di voler immettere nel mondo del lavoro il maggior numero possibile di persone presenti nella platea.
Purtroppo, al sindacato USB e ai suoi iscritti l’idea di un contratto di lavoro non basta. La pretesa unica è di diventare dipendenti comunali o di un qualsiasi ente pubblico. La colpa di questa pretesa non è certo loro, ma di chi – per troppi anni – ha promesso a questi percettori di sussidio sociale che prima o poi sarebbero diventati dipendenti pubblici. Una promessa che ha generato illusione e quindi delusione.
Non è un caso se al fianco degli scioperanti che sono nel piazzale antistante la regione – ai quali va la mia vicinanza per i disagi che stanno sopportando – non ci sono gli altri sindacati nazionali che rappresentano la maggior parte della platea. Non ci sono perché sanno che la stabilizzazione richiesta è possibile sono previa disponibilità dei Comuni ad accogliere e pagare questo personale, previa l’approvazione di una legge da parte del parlamento nazionale che lo permettesse. Al momento queste due condizioni non ci sono. E sono due condizioni che non dipendono dalla Regione Basilicata, che anzi è l’unico ente a trasferire risorse – attraverso il pagamento del ‘sussidio sociale’ – a queste persone. Non solo, ma la regione Basilicata si sta impegnando nella costruzione di un percorso che possa dare un lavoro vero a chi compone questa platea.
Capisco che qualche sindaco con ambizioni politiche cerchi di strumentalizzare la rabbia e le illusioni instillate dalla mala politica in questi decenni, ma chi si erge a paladino di queste persone poi dice di non avere le risorse per poterle stabilizzare, paventando uno scenario di assunzione comunale con i soldi della regione. Uno scenario illegale che violerebbe un elenco infinito di norme e anche il buon senso comune. Chi genera illusioni poi sarà la prima vittima della delusione.
Pertanto, in assenza di una norma nazionale ad hoc, che deve approvare il parlamento nazionale e non certo la Regione Basilicata, la stabilizzazione presso i Comuni chiesta da chi protesta in Viale Verrastro è semplicemente impossibile e illegale. Non è possibile e non potrà mai avvenire. Sono sicuro che il coraggio della verità possa essere apprezzato dai cittadini e anche da chi sta protestando sotto la pioggia e il freddo”.
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