La giustizia torna al centro del dibattito dopo l’indagine che coinvolge parte del Governo per il rimpatrio del generale libico Almasri. Luca Palamara, ex magistrato e politico, analizza il caso, evidenziando come l’iscrizione nel registro degli indagati sia stata un atto dovuto, ma non necessariamente obbligato.
La vicenda riaccende il conflitto tra politica e magistratura, in corso dal 1992. Il centrodestra accusa le toghe di ritorsione contro la riforma della giustizia, che punta a separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri per una maggiore imparzialità. La magistratura, storicamente contraria, teme di perdere autonomia, sebbene nella pratica i due ruoli operino già separatamente.
Altro nodo critico è il potere delle correnti della magistratura, che da strumenti di dibattito si sono trasformate in centri di influenza politica, ostacolando le riforme. Le ultime elezioni interne hanno registrato un’affluenza dell’81%, segno di una magistratura compatta nonostante le tensioni. Magistratura Indipendente è risultata la corrente più votata, ma senza forza sufficiente per cambiamenti radicali.
“Sul tema del potere delle correnti della magistratura, i risultati delle recenti elezioni confermano che il sistema è bloccato – dice Palamara -. Le correnti, nate con nobili ideali, si sono trasformate in strumenti di potere simili ai partiti politici. Questo ha alimentato lo scontro con la politica stessa e ha reso difficile ogni riforma”.
La questione resta aperta e promette nuovi sviluppi in uno scontro che appare tutt’altro che risolto. Ecco l’intervento integrale di Luca Palamara ad Antenna Sud.
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