FRANCAVILLA FONTANA – Non solo hashish e marijuana, ma anche cocaina ed eroina. Con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato a 8 persone indagate a vario titolo nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Paolo Stasi, il pubblico ministero Giuseppe Denozza non ha solo confermato le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi a carico dei presunti assassini, ma ha anche cristallizzato le accuse legate al presunto spaccio di sostanze stupefacenti che avrebbe fatto da sfondo al delitto.
Droga che, secondo la procura messapica, transitava con cadenza quotidiana dall’appartamento di via Occhibianchi sul cui uscio, il pomeriggio del 9 novembre, fu ucciso a colpi di pistola il 19enne Paolo Stasi.
Omicidio Stasi, il movente del debito di droga
Per quel delitto, sono stati arrestati due giovanissimi. Il 18enne Luigi Borracino, minore all’epoca dei fatti e reo confesso, e il presunto complice Cristian Candita, 21 anni. L’accusa di omicidio è aggravata dalla premeditazione e dai futili motivi. Ovvero, un debito di droga da 5mila euro contratto da Stasi e dalla madre con il presunto killer. Era lui, secondo gli inquirenti, a portare nell’abitazione le sostanze stupefacenti che, in via Occhibianchi, non sarebbero state solo confezionate in dosi, ma anche consumate da madre e figlio. La donna, difesa dall’avvocato Francesco Monopoli, insieme al padre e alla sorella della vittima è citata nel provvedimento anche come persona offesa. Gli interessi della famiglia Stasi sono tutelati dall’avvocato di fiducia Domenico Attanasi.
Borracino, che ha confessato l’omicidio ma respinto l’accusa di premeditazione, è difeso dall’avvocato Maurizio Campanino. Candita è difeso dall’avvocato Michele Fino. Per il 21enne si attende l’esito del ricorso in Cassazione sull’ordinanza del Riesame dello scorso giugno. In camera di consiglio partecipata, in programma per il prossimo novembre, la suprema corte si esprimerà definitivamente sulle aggravanti a carico del giovane indagato.
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