ALTAMURA – La sera dell’11 ottobre 2003, ad Altamura (Bari), avrebbero ucciso con sette colpi di pistola e due di fucile Massimiliano Cavotta, 30 anni, mentre tornava a casa insieme alla moglie e al figlio di tre anni, che riuscirono a mettersi in salvo. Per quell’omicidio in due, Giovanni Loiudice (63 anni) e Nicola Centonze (48), sono stati arrestati lo scorso novembre, a distanza di 21 anni dal fatto. Oggi Loiudice è stato ammesso a rito abbreviato (si discuterà il prossimo 8 aprile) e Centonze è stato rinviato a giudizio davanti ai giudici della Corte d’Assise di Bari. I due rispondono di omicidio volontario premeditato, detenzione e porto di armi da fuoco, aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa. La decisione è arrivata stamattina da parte della gup Paola Angela De Santis.
Secondo quanto ricostruito dalla Dda di Bari, Cavotta fu ucciso perché, in passato, avrebbe avuto dei contrasti con alcuni esponenti della criminalità organizzata altamurana e, nel febbraio precedente, avrebbe ferito a colpi di pistola proprio Loiudice. Il suo omicidio, dunque, sarebbe stato ordinato come ritorsione.
Nel processo si sono costituiti parte civile la Regione Puglia, il Comune di Altamura e i parenti di Cavotta, assistiti dall’avvocato Angelo Dibenedetto. Lo scorso 20 febbraio Centonze, ex collaboratore di giustizia, è stato arrestato (mentre era già in carcere) perché ritenuto il coordinatore dell’attentato dinamitardo del 5 marzo 2015, avvenuto nel locale Green Table di Altamura, in cui rimase ucciso il calciatore 27enne Domenico Martimucci.
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