Nella mattinata odierna, i militari della Compagnia Carabinieri di Maglie, coadiuvati nella fase esecutiva dai militari delle Compagnie Carabinieri dipendenti dal Comando Provinciale di Lecce, del Comando Provinciale di Barletta-Andria-Trani, con il supporto di un elicottero del 6° Elinucleo Carabinieri di Bari, da personale dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Puglia” ed unità cinofile antidroga ed anti-esplosivo del Nucleo Carabinieri Cinofili di Modugno, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di misure cautelari personali, emesso dal GIP del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica Salentina, nei confronti di 15 persone (di cui 12 in carcere e 3 agli arresti domiciliari), cui sono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere armata, finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsioni, con l’aggravante del metodo mafioso, nonché porto e detenzione di armi ed esplosivi.
Le indagini sono state avviate nel mese di agosto del 2019, dai Carabinieri della Sezione Operativa del N.O.R. della Compagnia di Maglie – inizialmente dirette dalla Procura della Repubblica di Lecce e successivamente coordinate dalla D.D.A. salentina – a seguito del tentativo di omicidio di un uomo di Martano di 32 anni all’epoca dei fatti, avvenuto all’alba dell’agosto del 2019 a Soleto. La vittima venne inseguita da due a bordo di uno scooter e poi ferita a colpi d’arma da fuoco. Un agguato commesso per contrasti generati dall’attività di noleggio di lettini sulle spiagge delle marine leccesi, ma dietro si celerebbe anche la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Durante la fase investigativa è stato delineato un quadro criminoso con un’importante piazza di spaccio diretta da una persona già condannata in passato per associazione mafiosa e collegato alla Sacra Corona Unita leccese.
I militari hanno portato alla luce l’esistenza di una struttura organizzata con ruoli, mansioni e gradi; i rapporti con esponenti di clan riconducibili alla Sacra Corona Unita, non solo leccesi ma anche di altre provincie della Puglia; l’esistenza di basi logistiche e di una cassa comune; l’adozione di ritorsioni nei confronti degli affiliati che violavano le leggi interne; l’organizzazione di veri e propri “summit” per prendere le decisioni più importanti, come il divieto di ricorrere al compimento di azioni particolarmente eclatanti per risolvere eventuali controversie per evitare di attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Il gruppo prestava molta attenzione anche alle utenze telefoniche per le comunicazioni che venivano intestate a terzi totalmente estranei ai fatti. Tra gli episodi di aggressione e danneggiamenti a scopo di ritorsione, anche l’incendio di una rivendita di generi alimentari
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