Lecce e il suo barocco, la sua luce, le sue notti interminabili. Terra di professioni, storia e cultura che si è trasformata negli ultimi anni in un palcoscenico di una movida che sembra avere un solo imperativo: godere. Ma cosa significa realmente “godere” per la generazione under 50 che affolla bar, discoteche e feste nei locali? Una generazione formata da chi spesso è alla seconda boa, alle volte alla terza, fatta da ex mogli in cerca di conferme e da mariti separati senza ancora averlo comunicato alle mogli che li aspettano a casa chattando con un altro. Una movida quella senile, attenzionata da psicoloci e sociologi e che offre uno spaccato di una città in disequilibrio tra ció che siamo e ció che mostriamo di essere. Dietro il velo di questa apparente festa continua, si nasconde un mondo fatto spesso di eccessi.
La movida leccese è un vero e proprio inno alla vita, ma c’è un punto in cui il festeggiamento si trasforma in una corsa senza freni verso l’autoindulgenza. Tra cocktail, musica assordante e qualche dipendenza, non è raro imbattersi in situazioni in cui la linea tra il divertimento e l’eccesso diventa sfocata. Lecce è diventato nel panorama nazionale, un paradiso per chi cerca avventure notturne, ma a quale prezzo?
Non possiamo negare che la cultura della movida leccese abbia abbracciato un certo tipo di libertà sessuale, ma cosa si cela dietro questa facciata di apertura? La combinazione di sesso e droga è diventata un elemento quasi imprescindibile della scena. Le feste si trasformano in esperienze estreme. La ricerca del piacere si traduce in un’ossessione che non conosce limiti, e il confine tra il godimento e la dipendenza è spesso forse superato.
Cosa spinge i meno giovani leccesi a immergersi in questo vortice di eccessi? È la ricerca di un’identità, di un senso di appartenenza, o semplicemente la voglia di evadere dalla monotonia della vita quotidiana? La domanda rimane: stiamo davvero celebrando la vita, o ci stiamo semplicemente nascondendo dietro un velo di superficialità?
La movida leccese, non è solo un fenomeno di divertimento, ma anche un riflesso di una società che fatica a trovare un equilibrio. Mentre ci si abbandona al ritmo di feste senza fine, i sociologi si interrogano su cosa significhi realmente godere e quali siano le conseguenze delle proprie scelte. Uno scambio notturno di emozioni che gli psicologi hanno racchiuso in una patologia dall’anglofona definizione di CLEMSEX, la necessità ossessiva cioè di far ricorso a droghe pur di soddisfare diversi partner occasionali in un unica sera… un modo ossessivo e compulsivo di affrontare una competizione pur di sentirsi ancora giovani a tutti i costi. Ed allora messo al bando l’inutile moralismo ognuno di notte vive una vita diversa da quella che porta in scena la mattina, cercando in questa bipolarità un percoso che possa condurre alla felicità o almeno alla serenità.
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