Qualcuno ha già esperienze pregresse nel settore della falegnameria, altri le potranno acquisire in questi mesi di detenzione, iniziando così anche a riscrivere il proprio futuro. Nel carcere di Lecce sta prendendo forma il progetto M.i.l.i.a (modelli sperimentali di intervento per il lavoro e l’inclusione attiva delle persone in esecuzione penale), con la creazione di una start up innovativa per la produzione di manufatti in legno che andranno a soddisfare, attraverso il lavoro degli stessi detenuti, il fabbisogno nazionale di arredi carcerari.
Il progetto è finanziato tramite il Pon Inclusione, per un valore complessivo di 750mila euro, e mette in rete gli istituti penitenziari di Lecce e Sulmona. Per la sua realizzazione è stata sottoscritta una convenzione tra la direzione generale per la coesione del Ministero della Giustizia e la Regione Puglia. Nei giorni scorsi, è stata completata la prima fase del progetto: un gruppo di operatori del centro per l’Impiego di Lecce e dell’ufficio coordinamento servizi per l’impiego dell’ambito di Lecce di Arpal Puglia ha proceduto alla presa in carico globale di 127 detenuti. Dai colloqui sono emersi bisogni di formazione soprattutto tra i più giovani, non di rado approdati nella struttura di Borgo San Nicola direttamente dagli istituti penali minorili. “L’obiettivo del progetto – spiega l’assessore alla formazione e lavoro della Regione Puglia Sebastiano Leo – è il recupero e il rafforzamento delle competenze delle persone detenute, ma anche l’acquisizione di professionalità richieste dal mercato del lavoro”. “Incentivare la dimensione lavorativa diventa, così,- conclude – non soltanto un elemento di rieducazione, ma anche un’alternativa per coltivare il riscatto sociale ed evitare che, successivamente, si ricorra al crimine come mezzo di sussistenza”. Il Ministero della Giustizia ha deciso di puntare sui settori delle produzioni agricole e delle falegnamerie, proprio per consentire ai detenuti di acquisire competenze “spendibili” al termine del periodo di detenzione.
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