La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili alcune disposizioni della legge sull’autonomia differenziata, evidenziando come il trasferimento di funzioni legislative e amministrative debba avvenire solo in base al principio di sussidiarietà e con solide ragioni giuridiche, tecniche ed economiche. Tra le materie escluse, le regolamentazioni prevalenti dell’Unione Europea, come la tutela ambientale, l’energia e i grandi sistemi di trasporto, nonché le norme generali sull’istruzione e le professioni, che richiedono un approccio unitario e nazionale.
La Corte ha inoltre ribadito l’importanza di definire i LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) in modo specifico, evitando criteri generici che non rispettino le peculiarità delle diverse materie. Sul piano finanziario, ha respinto l’idea di “paracaduti” economici per le Regioni, sostenendo che ogni autonomia deve basarsi su una gestione responsabile ed efficiente delle risorse.
Critiche arrivano dal Partito Democratico e dalla CGIL, che accusano il governo di promuovere una riforma divisiva e iniqua, definendola una “legge spacca Italia”. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sottolinea come questa sentenza ridimensioni definitivamente l’uso del terzo comma dell’art. 116 della Costituzione per trasferire blocchi di materie, confermando che solo funzioni specifiche e limitate possono essere delegate, sempre nel rispetto dell’equilibrio economico e dei diritti nazionali.
La Consulta, nel ribadire l’inammissibilità di trasferimenti non adeguatamente motivati, ha segnato un punto fermo contro le derive secessioniste e a favore dell’unità nazionale.
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