Il filo rosso del destino è una leggenda popolare di origine cinese diffusa in Giappone. Secondo la tradizione ogni persona porta, fin dalla nascita, un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra che lo lega alla propria anima gemella.
Ecco, i destini di Javier Chevanton e di Lecce erano legati, ma non da un invisibile filo rosso, ma da migliaia e migliaia di fili gialli e rossi che insieme sono diventati quella maglia che da quel 26 agosto 2001 ha indossato senza mai togliere veramente. Un legame, quello tra il Salento e Javier che va oltre il calcio; certo, è partito inevitabilmente da lì, da quando, sempre quel 26 agosto un giorno nient’affatto banale per i leccesi, si presentò nel suo tempio, al via del mare e al suo popolo, con un gol talmente iconico da entrare di diritto nella storia di questo club.
Poi ne sono arrivati tantissimi altri, ben 58 e 18 assist in 128 presenze; è arrivato il gol contro il Napoli l’8 maggio del 2011 che valse la salvezza; la voglia di esserci per provare a dare il suo contributo nonostante fosse infortunato; uno stipendio minimo pur di tornare nella sua Lecce. Gioie e dolori che hanno raccontato una delle più belle storie tra il Lecce e un suo figlio adottivo. Storia che non è finita perché Cheva quei fili gialli e rossi continua ad indossarli, continua a tenerne i capi legati a mani, piedi e cuore.
È tornato nel Lecce per fare anche l’allenatore in seconda della Primavera e con lui quei giovani sognanti hanno trovato un fratello maggiore a cui ispirarsi e in cui trovare sempre una porta aperta per consigli e momenti di crescita personale. È arrivato anche così il terzo Scudetto Primavera della storia dell’US Lecce. Ora, dopo una stagione alla guida dell’under 15, le strade si sono nuovamente divise, ma quei fili gialli e rossi non cesseranno mai di legare il destino di Cheva con quello di Lecce.
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