“I privati sono pronti a fare la loro parte nel rilancio dell’ex Ilva, ma solo se ci sono determinate condizioni. Serve un’operazione verità sui conti, sui patti parasociali con Mittal e sullo stato dei macchinari. E poi occorre certezza su piano finanziario e industriale”. E’ quanto dichiara Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, in un’intervista a Repubblica.
”Il ruolo dello Stato come socio di maggioranza può essere transitorio non si può pensare di tornare ai tempi della Finsider – aggiunge Gozzi -. Ma i privati, per entrare in campo, hanno bisogno di risposte chiare. La prima è una grande operazione verità sui conti, sullo stato di salute dello stabilimento. E poi non possono essere i privati che entrano a farsi carico dell’ammontare dei debiti generati negli ultimi anni di gestione. Se lo Stato è azionista dovrà provvedere. Poi, il piano industriale e finanziario. L’obiettivo dev’essere a tendere, arrivare al 2028-2029 con uno stabilimento decarbonizzato e cinque-sei milioni di tonnellate l’anno di acciaio”.
Gozzi parla anche alla Stampa, dicendo che immagina un’Ilva da 5-6 mila dipendenti e “3-4 anni di controllo pubblico, Mittal è un gruppo globale enorme, che ha il centro delle sue attenzioni altrove. Prima di tutto in India, dove la produzione di acciaio sta per esplodere, poi negli Stati Uniti, dove non ci sono limitazioni ambientali pesanti come quelle europee. La Commissione con il Green Deal ha voluto che dal 2028 non ci saranno più quote gratuite per le emissioni nella siderurgia: essere competitivi qui sarà semplicemente impossibile. Normale che un gruppo come Mittal vada dove potrà continuare a lavorare. L’ideologia ambientalista della decarbonizzazione sta uccidendo la nostra industria”.
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