Si accende il dibattito sulla vendita dell’ex Ilva. I sindacati e il Movimento 5 Stelle alzano la voce per chiedere al governo trasparenza e partecipazione attiva nella negoziazione esclusiva avviata con la compagnia azera Baku Steel.
A denunciare la mancanza di dialogo e l’assenza di informazioni è innanzitutto l’Usb. Sasha Colautti e Francesco Rizzo, esponenti dell’esecutivo confederale, hanno sottolineato come sia fondamentale conoscere i contenuti dell’offerta prima che la trattativa entri nel vivo. «Non possiamo permettere che si ripeta quanto già accaduto con ArcelorMittal, quando lo Stato ha svolto un ruolo passivo e i lavoratori si sono ritrovati senza garanzie. È necessario che il governo prosegua sulla strada del confronto, tutelando i diritti acquisiti».
I rappresentanti Usb ricordano anche di aver consegnato al governo un documento articolato con richieste precise: dalla necessità di una tutela straordinaria per i lavoratori all’attuazione di protocolli chiari per gestire una fase che si preannuncia lunga e complessa. «Non vogliamo assistere all’ennesimo film già visto — aggiungono —, dove gli interessi di una multinazionale prevalgono su tutto lasciando ai lavoratori e ai territori solo le macerie».
Anche la Fiom Cgil, per voce del coordinatore nazionale siderurgia Loris Scarpa, esige trasparenza immediata. «Abbiamo appreso dai media della trattativa con Baku Steel. Il Governo deve informare i sindacati sui contenuti della proposta e sulle modalità con cui i commissari intendono affrontare il negoziato. È il momento in cui tutti i soggetti coinvolti devono poter portare avanti le proprie richieste unitarie: piena occupazione, decarbonizzazione, integrità industriale e presenza pubblica dello Stato. Basta trattative segrete, i lavoratori devono essere protagonisti da subito».
A queste voci si unisce quella di Mario Turco, vicepresidente M5S, che parla di «svendita di Stato al ribasso» e critica duramente l’operato del ministro Urso. «La trattativa con Baku Steel rischia di tradursi in un disastro industriale e sociale: si parla di 4 mila esuberi, nessuna garanzia ambientale e sanitaria, e una transizione verde sempre più lontana. Il tutto mentre resta aperta la questione giudiziaria con la Corte di Giustizia europea e gli impianti sotto sequestro. Stiamo assistendo alla ripetizione degli errori del 2016, con la perdita di posti di lavoro e la totale assenza di prospettive per l’indotto», conclude Turco.
Nel frattempo, resta alta l’allerta nei territori coinvolti. A Taranto cresce la preoccupazione per le possibili conseguenze di una gestione opaca della cessione, che potrebbe aggravare una situazione già complessa dal punto di vista occupazionale, ambientale e sociale. La città, ancora una volta, rischia di pagare il prezzo più alto di scelte industriali poco lungimiranti e calate dall’alto.
potrebbe interessarti anche
Taranto, scontro auto-ambulanza: “Operatori feriti ma salvi, noi sempre a rischio”
Giochi del Mediterraneo, botta e risposta tra Sannicandro e Perrini
Taranto, come affrontare la gestione della classe
Taranto, Comunali: parla Di Cuia. “Discontinui da Melucci”
Taranto, Guardia di Finanza sequestra 155 banconote false
Taranto: ex Ilva a Baku, i dubbi della Fiom Cgil