“Apprezziamo la rapidità con cui il Consiglio dei ministri ha approvato il nuovo decreto a tutela delle imprese coinvolte nella crisi di Acciaierie d’Italia. Tuttavia, le soluzioni individuate non sono in linea con le esigenze espresse dal vasto mondo produttivo che rappresentiamo”. Questo il giudizio di Confartigianato, Casartigiani e CNA della Puglia rispetto alle “Disposizioni urgenti a tutela dell’indotto delle grandi imprese in stato di insolvenza ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria”, contenute nell’ultimo decreto licenziato dal CdM con l’obiettivo di trovare soluzioni nell’ambito della complessa crisi dell’ex-Ilva.
Secondo le tre associazioni di categoria, che hanno scritto ai ministri Urso e Calderone, le soluzioni prospettate, in primis la possibilità per le aziende coinvolte nella crisi di usufruire del supporto del Fondo Centrale di Garanzia per richiedere prestiti per liquidità, non solo comportano “la trasformazione di un giusto credito per un lavoro svolto nell’ennesimo debito verso il sistema bancario”, ma sono concretamente inattuabili con riguardo alle piccole imprese, che – spesso proprio a causa dei ritardati pagamenti – non hanno adeguati parametri di bancabilità.
Occorre insomma percorrere altre vie. La richiesta è innanzitutto di continuare a lavorare nella direzione dell’integrale pagamento dei crediti sospesi, perché per le imprese artigiane e le piccole imprese, i cui flussi finanziari prevedono di norma l’anticipazione delle spese, la perdita, la riduzione, la postergazione e o anche il semplice ritardo nell’erogazione di quanto dovuto significherebbero inevitabilmente chiusura, con tutto quanto ne consegue in termini economici e sociali.
Soluzioni alternative, ma comunque subordinate a questa, possono prevedere sistemi di cessione di una parte dei crediti maturati, purché con adeguate garanzie e con la finalità di non gravare le imprese, già provate da questa situazione, con ulteriori oneri economici. Se così non fosse, oltre che la loro sopravvivenza, sarebbe a serio rischio anche quella dello stabilimento siderurgico.
Infatti, “come chiaramente emerso in maniera trasversale e condivisa tra tutte le parti sociali in questi giorni, non è possibile garantire la continuità produttiva dell’acciaieria senza salvaguardare le imprese dell’indotto e dell’autotrasporto che finora si sono sobbarcate – in condizioni tutt’altro che facili – l’onere di assicurare il funzionamento degli impianti, l’approvvigionamento di materie prime, la consegna dei prodotti in uscita e quindi, in definitiva, la vita stessa degli stabilimenti”.
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