“Il governo Meloni vara un nuovo decreto Salva-Ilva. Quando pensavamo di averle viste tutte, ecco che riescono a sorprenderci. È vergognoso continuare a bruciare risorse regalandole ad ArcelorMittal e Invitalia per permettere di ricapitalizzare con soldi pubblici una azienda in perdita, invece di pagare le ditte dell’indotto e gli operai che vantano crediti da mesi“. Lo scrivono, in una nota, Eliana Baldo, co-portavoce cittadina, e Antonio Lenti, consigliere comunale, per Europa Verde Taranto.
“È indegno legare le mani alla magistratura impedendo sanzioni interdittive nei confronti degli impianti dannosi e pericolosi. Il decreto impone al giudice di tenere in attività gli impianti sequestrati, nominando un commissario, in quanto dichiarati “sito di interesse strategico nazionale” – proseguono -. È criminale, inoltre, pensare di poter reintrodurre l’immunità penale per i gestori, in barba alle sentenze della Corte Europea Diritti dell’Uomo e della Corte Costituzionale”.
”Prevedere l’installazione di un rigassificatore a Taranto è razzismo ambientale. Un accanimento terapeutico su un territorio già compromesso dal punto di vista ambientale e sanitario. Le parole del Ministro Crosetto su Taranto, erano state un monito – sottolineano Baldo e Lenti -. È così che il governo vuole rilanciare la fabbrica e aumentare la produzione, continuando con altiforni a carbone e a gas e calpestando i diritti di cittadini e lavoratori. D’altronde, che questo governo fosse lontano dalla transizione ecologica ce ne eravamo accorti già nel decreto milleproroghe. Insomma, in un solo colpo il governo Meloni ci riporta indietro di 10 anni, al primo decreto Monti, cancellando anni di battaglie e sentenze“.
“In realtà le forzature contenute nel decreto sono la conferma che quella fabbrica, nonostante “le migliori tecnologie applicate” e i lavori quasi ultimati, continuerà ad inquinare. Il governo per garantire la prosecuzione della produzione ha adottato un decreto che garantisce nuovamente l’immunità penale ai gestori di fatto e blocca la magistratura, che nel frattempo ha aperto una nuova inchiesta sull’attuazione del Piano Ambientale”.
”Questo è l’ennesimo sopruso nei confronti di una città che sta provando con fatica a voltare pagina, grazie all’impegno dell’Amministrazione Comunale e di tanti privati cittadini. Per questo serve una grande mobilitazione che coinvolga tutta la città per provare a respingere al mittente quella che per Taranto potrebbe essere la pietra tombale. Ci chiediamo, infine, se tutti i miliardi assegnati alla continuità produttiva non potessero essere spesi diversamente, con un processo di chiusura dell’area a caldo, di smantellamento degli impianti, bonifica e decontaminazione dei terreni inquinati prevedendo il reimpiego degli operai, sulla scorta di come accaduto a Bilbao, Pittsburgh o nella Ruhr. Poteva essere la volta buona, ed invece sarà l’ennesima occasione persa“, concludono Eliana Baldo, co-portavoce cittadina, e Antonio Lenti, consigliere comunale, di Europa Verde Taranto.
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