Una fuga rocambolesca, ma studiata nei minimi dettagli. Per evadere dal carcere di Nuoro, Marco Raduano, boss della mafia garganica che scontava 19 anni di reclusione, è stato bravo a sfruttare l’occasione.
Probabilmente ha tenuto d’occhio i turni di guardia, ha capito quali erano le falle del sistema “dovute a gravi carenze di organico” (come accusano i sindacati) e ha agito. Forse aiutato da qualcuno all’esterno, è riuscito ad allontanarsi alla svelta da Badu ‘e Carros in due ore di “buco” prima che la sorveglianza si accorgesse della sua assenza.
Tra i particolari emersi nella ricostruzione della fuga, pare che il boss sia riuscito a procurarsi la chiave per uscire dal reparto di Alta Sicurezza del carcere nuorese, arrivare al muro di cinta, calarsi di sotto con diverse lenzuola annodate e fuggire indisturbato. Sapeva dove erano custodite le chiavi del portone blindato e ha avuto il tempo di provarne una prima di trovare quella giusta.
Ora è caccia all’uomo in tutto il Nuorese, ma i controlli sono stati intensificati anche nei porti e negli aeroporti della Sardegna. Intanto, per lunedì 27 febbraio, Giancarlo Dionisi, prefetto di Nuoro, ha convocato il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica con tutti i vertici delle forze di polizia, mentre sull’evasione sono state aperte due inchieste: una della procura di Nuoro, l’altra del ministero.
I sindacati continuano a puntare il dito sulla carenza di agenti in carcere, mentre l’evasione è diventata un caso politico. “Prima o poi doveva succedere, il carcere è pieno di falle sulla sorveglianza – conferma Giovanni Conteddu dell’Osapp Nuoro -. Nel reparto dell’Alta sicurezza, dove ci sono circa 30 detenuti appartenenti alla criminalità organizzata pugliese, calabrese, campana e siciliana, c’è un solo agente di guardia e nella sala dove sono custodite le chiavi e le telecamere della regia non c’è nessuno, il posto è scoperto. Questa è la prima falla che si è rivelata decisiva per la fuga di Raduano”.
“Non basta la videosorveglianza se non supportata da intelligenza artificiale, soprattutto se nessuno può badare ai monitor o deve controllarne decine mentre si occupa di innumerevoli altre incombenze”, incalza Gennarino De Fazio, segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria aggiungendo che. a quanto gli risulta, al momento dell’evasione di Marco Raduano la sala operativa del carcere non era presidiata.
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