“Se il governo decidesse di chiudere l’ex Ilva certamente noi non ci opponiamo e credo che molti festeggerebbero. Visti i costi umani e finanziari che lo Stato sta sopportando per tenerla aperta, dal punto di vista dei tarantini e dei pugliesi, con quello stesso denaro avremmo trovato altre fonti di sostentamento e lavoro”. Così Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, in audizione alla commissione Industria del Senato sul decreto ex Ilva. “Resta il fatto che però l’acciaio italiano da qualche parte deve essere prodotto. La disgrazia è capitata a noi. Si continua ad avere una scia di morte che è stata certificata da una sentenza di primo grado della Corte d’assise di Taranto”, ha aggiunto Emiliano.
“Newco a maggioranza statale” – “Senza il piano industriale e una visione di ciò che si vuole fare è complicato fare un decreto di amministrazione straordinaria. La strada migliore secondo noi è quella di una newco a maggioranza statale – ha continuato Emiliano -. Non è noto il piano industriale di Acciaierie d’Italia. L’iniziativa legislativa è molto complicata in mancanza di un piano completo che contempli la sostenibilità economica, la decarbonizzazione, con tempi e fonti finanziarie necessarie. Il ministro Urso ha più volte annunciato un accordo di programma di cui a oggi non abbiamo notizia. Le misure sull’indotto sono importantissime: se le imprese collassano sono in grado di bloccare l’attività della fabbrica. La somma stanziata, 320 milioni, durerà poco. Non è sufficiente ad affrontare ciò che abbiamo di fronte. L’azienda deve chiarire a quanto ammontano i debiti e la situazione del conto economico, flussi di cassa relativi ai prossimi anni, con una integrazione di dati riferita alle imprese dell’indotto. L’estensione della cassa integrazione per le aziende dell’indotto con meno di 15 dipendenti e alle altre con più di 15 operanti al di fuori dell’area di crisi industriale di Taranto. Abbiamo in Puglia aziende fornitrici di Adi ubicate al di fuori della provincia di Taranto”, ha concluso.
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