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Dazi USA: rischio stangata da 2 miliardi sul cibo made in Italy

L’eventuale imposizione di dazi al 25% sulle esportazioni agroalimentari italiane negli Stati Uniti potrebbe costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro in più, con un inevitabile calo delle vendite.

È quanto emerge da un’analisi Coldiretti su dati Istat, che evidenzia come una misura simile, già adottata durante il primo mandato di Donald Trump, abbia portato a una netta contrazione delle esportazioni italiane.

Il rischio arriva in un momento di crescita record per il Made in Italy negli USA: nel 2024, il valore delle esportazioni agroalimentari ha superato i 7,8 miliardi di euro. Se le nuove tariffe dovessero colpire l’intero settore, i danni economici sarebbero pesanti: si stimano perdite per quasi 500 milioni di euro solo per il vino, 240 milioni per l’olio d’oliva, 170 milioni per la pasta e 120 milioni per i formaggi.

Un precedente allarmante è quello del 2019-2020, quando i dazi imposti dall’amministrazione Trump provocarono un calo delle esportazioni italiane: -15% per la frutta, -28% per le carni e i prodotti ittici, -19% per formaggi e confetture, -20% per i liquori. Anche il vino, pur non essendo stato inizialmente colpito, registrò un rallentamento del 6%.

“L’imposizione di dazi sulle nostre esportazioni aprirebbe uno scenario preoccupante, soprattutto considerando l’importanza del mercato statunitense per il nostro agroalimentare – avverte il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini –. Negli USA il settore è cresciuto del 17%, mentre l’export generale è calato del 3,6%. Il cibo italiano è un simbolo della nostra economia e servono azioni diplomatiche per evitare una guerra commerciale dannosa per tutti”.

Resta inoltre da capire come l’Unione Europea potrebbe rispondere a eventuali nuove tariffe. Durante la prima presidenza Trump, Bruxelles reagì imponendo a sua volta dazi del 25% su prodotti simbolo del Made in USA come ketchup, cheddar, noccioline, cotone, patate e altri beni agricoli. Una nuova escalation potrebbe compromettere ulteriormente i rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.

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