BARI – Il modus operandi scoperto da Gdf e Procura di Bari che nelle scorse ore ha portato all’arresto di dieci persone tra imprenditori e funzionari e dirigenti dell’AslBa per truffa, corruzione e turbativa d’asta, era sostanzialmente sempre lo stesso: spacchettare i lavori per consentire l’affidamento diretto a imprese “colluse” e “amiche”. E i nomi che attraversano trasversalmente più inchieste affini sono, in qualche caso gli stessi.
Quattro gli appalti al centro dell’inchiesta: la realizzazione del “gabbione” all’ospedale San Paolo di Bari – il reparto per i detenuti ricoverati – da 1,3 milioni; la costruzione della Casa della salute di Giovinazzo da 4,2 milioni, i cui suoli nel 2021, in pieno Covid, furono addirittura benedetti. E poi quelli, di importo minore, per il restauro della volta della cappella del Fallacara di Triggiano e per la sostituzione delle canne fumarie al Di Venere di Bari.
Sarebbe Nicola Iacobellis, responsabile dell’edilizia sanitaria della Asl di Bari, finito in carcere, a insistere per frazionare dei lavori in modo da consentirne l’affidamento diretto. Un metodo, questo, che avrebbe utilizzato in passato anche Mario Lerario, ex dirigente della Protezione civile pugliese già condannato per due volte per tangenti.
Proprio due imprenditori coinvolti nelle diverse vicende di Lerario compaiono anche in quest’ultima inchiesta come indagati a piede libero: sono Donato Mottola di Noci (della Dmeco) e Francesco Girardi di Acquaviva (della G. Scavi). Il nome dell’imprenditore Nicola Murgolo, da ieri ai domiciliari, è invece comparso di recente nell’indagine sull’ex sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, per presunti appalti truccati in cambio di sostegno elettorale e assunzioni.
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