Conti spiati, al setaccio i dispositivi informatici di Coviello

BARI – “Siamo molto dispiaciuti di quanto accaduto e chiediamo scusa. Ciò non dovrà più accadere”. Capo cosparso di cenere per Banca Intesa Sanpaolo dopo l’inchiesta della procura di Bari che sta indagando su Vincenzo Coviello, il 52enne bitontino ex dipendente della filiale Agribusiness di Bisceglie, accusato di aver effettuato 6.637 accessi abusivi tra il febbraio 2022 e l’aprile 2024, visionando i movimenti di 3.572 persone (tra cui 34 politici, 43 vip, 70 tra dirigenti e manager della banca e persone comuni e aziende) su 679 filiali dell’istituto di credito. Il bancario – che ha sempre ripetuto che la sua fosse semplice curiosità – è stato licenziato l’8 agosto scorso dopo l’indagine interna della banca e la denuncia ai carabinieri di un correntista – il professor Antonio Moschetta di Bitonto, ordinario dell’UniBa – che per primo si sarebbe accorto di strani accessi sul suo conto.

Intanto Intesa conferma che “non c’è stato alcun problema di sicurezza informatica”.

La domanda alla quale ora dovranno rispondere gli inquirenti è: davvero semplice morbosa curiosità personale o un disegno con un mandante? E questa risposta potrebbe arrivare nei prossimi giorni dagli smartphone, tablet, hard disk e dispositivi informatici sequestrati nei giorni scorsi a casa e sul posto di lavoro di Coviello.

La procura di Bari affiderà l’incarico ai tecnici per ricostruire tempi, modalità e tipologia degli accessi ai dati riservati della banca, ma anche eventuali contatti che il 52enne possa avere avuto prima o dopo ogni accesso e capire se effettivamente abbia tenuto solo per sé, come ha detto, le informazioni raccolte. Una versione tutta da verificare e che al momento non sembra convincere la procura di Bari che indaga l’ex bancario per accesso abusivo ai sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. I pm ritengono verosimile che Coviello abbia agito in concorso con un mandante e destinatario delle informazioni riservate che, “nell’interesse politico, interno o internazionale dello Stato, dovevano rimanere segrete”. Ma chi lo ha conosciuto ritiene improbabile che il 52enne commercialista di Bitonto sia stato capace di dossieraggi.

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