ROMA – La Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale in materia di contribuzione pubblica alle emittenti televisive locali che assegna il 95% delle risorse alle prime cento tv locali in graduatoria e per il restante 5% a quelle in posizione successiva. Ciò non viola i princìpi del pluralismo informativo e della concorrenza. L’attuale sfida dell’informazione – sottolinea la Consulta – non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell’informazione medesima, rispetto alla quale fondamentale è il ruolo dei giornalisti.
In particolare, la Consulta nella sentenza n. 44 depositata oggi e originata da un ricorso del Consiglio di Stato, ha escluso, in primo luogo, la violazione dell’articolo 77 della Costituzione, per difetto di omogeneità rispetto ai contenuti originari dei decreti-legge, ad opera degli emendamenti che hanno disposto la legificazione delle norme regolamentari disciplinanti la materia e l’interpretazione autentica della portata di tale legificazione. Sono state inoltre escluse le violazioni del principio di ragionevolezza e di quello di non interferenza con l’esercizio del potere giurisdizionale, sia rispetto al giudicato che ai giudizi in corso. Da ultimo, la Consulta ha ritenuto che la disposizione che ha “legificato” il cosiddetto scalino preferenziale – in forza del quale i contributi stanziati in favore delle emittenti televisive locali sono attribuiti per il 95% alle prime cento in graduatoria e per il restante 5% a quelle collocatesi in posizione successiva – non violi i princìpi del pluralismo informativo e della concorrenza. La Consulta ha osservato, al riguardo, che “l’intero ‘ecosistema’ dell’informazione è radicalmente mutato, risultando ora caratterizzato, a qualsiasi livello (locale, nazionale e globale), sia dall’eliminazione delle barriere di ordine tecnico alla moltiplicazione dei produttori e distributori di informazione sia dalla diminuzione dei costi economici inerenti a tali attività, e che la quantità di informazioni e di differenti punti di vista disponibili si è accresciuta enormemente anche grazie ad internet”. “L’attuale sfida dell’informazione, dunque, – rileva la Consulta – non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell’informazione medesima, rispetto alla quale fondamentale è il ruolo dei giornalisti”. Partendo da queste premesse, la Corte ha quindi affermato che “il contestato meccanismo dello scalino preferenziale è volto a superare la logica del mero sostentamento economico delle numerose emittenti televisive locali, puntando, non irragionevolmente, al miglioramento della qualità dell’informazione e all’incentivazione dell’uso di tecnologie innovative, oltre che al sostegno dell’occupazione delle imprese economicamente stabili e capaci di affrontare il mercato“.
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