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Giacomo Olivieri

Codice interno, escluse le chat di Olivieri

BARI – Il Tribunale di Bari ha deciso di non ammettere quasi tutte le chat di Giacomo Olivieri, ex consigliere regionale in carcere dal 26 febbraio scorso per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsioni, di cui la Dda di Bari aveva chiesto l’acquisizione nel processo (a dibattimento) nato dall’inchiesta ‘Codice interno’.
L’indagine della Dda e della squadra mobile svelò i presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria in città e convinse il Viminale a nominare una commissione per valutare possibili infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale, ipotesi definitivamente scongiurata a febbraio.
A dibattimento ci sono 15 imputati, tra cui Maria Carmen Lorusso – moglie di Olivieri – e suo padre, l’oncologo Vito, finiti a processo per scambio elettorale politico-mafioso. La Dda, lo scorso 8 gennaio, aveva chiesto l’acquisizione di numerose chat estratte dal cellulare di Olivieri e di suo suocero, l’oncologo Vito Lorusso, ma molte di queste non erano presenti nel fascicolo delle indagini preliminari. Per questo, accogliendo parzialmente le eccezioni degli avvocati Gaetano e Luca Castellaneta (che difendono sia Olivieri sia i due Lorusso), il Tribunale ha deciso di ammettere a dibattimento solo le chat già presenti nel fascicolo delle indagini preliminari, ovvero quelle tra Olivieri e Michele De Tullio (ex dipendente della municipalizzata Amtab ritenuto vicino al clan Parisi) e quelle tra Olivieri e Whitney Falco, la figlia del ‘re delle rapine’ Angelo Falco. “La trascrizione delle ulteriori conversazioni chat di cui i pm hanno chiesto l’acquisizione, invece, non è suscettibile di essere acquisita in atti in quanto prodotta per la prima volta in dibattimento”, si legge nell’ordinanza del presidente Marco Guida.
“Tale conclusione – è scritto ancora – vale anche con riferimento alle chat relative al cellulare iPhone 11 di Lorusso Vito, sequestrato in altro procedimento penale”. Il cellulare di Lorusso fu sequestrato nell’ambito di un’altra indagine per peculato e concussione per la quale il medico, ex primario di Oncologia medica dell’istituto tumori ‘Giovanni Paolo II’ di Bari, ha patteggiato una pena di cinque anni che sta scontando in carcere.

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