Si estende anche alla bambola venduta online, per raccogliere fondi a sostegno dell’associazione no profit americana “Stomp Out Bullying”, l’inchiesta della Procura di Milano su Chiara Ferragni.
L’influencer è stata iscritta nel registro degli indagati, per l’ipotesi di truffa aggravata, non solo per la vicenda del pandoro Pink Christmas della Balocco, ma anche per quella delle uova di Pasqua della Dolci Preziosi e per l’iniziativa della mascotte di stoffa con le sue sembianze: una “limited edition” lanciata sul mercato dall’imprenditrice nel 2019.
Mentre, come ha annunciato la premier Giorgia Meloni, per giovedì prossimo è attesa la norma sulla trasparenza nelle attività commerciali a sfondo benefico, filtrano ulteriori particolari dell’indagine che, come già si sapeva, intende far luce su tutte le campagne della Ferragni in cui ci sono riferimenti ad una attività di beneficenza. Particolari che emergono anche dall’atto con cui la Procura milanese, la scorsa settimana, ha sollevato davanti al pg della Cassazione il conflitto tra pm sulla competenza a indagare per il caso del dolce natalizio dell’azienda che ha sede in provincia di Cuneo.
Il procuratore aggiunto Eugenio Fusco, che ha delegato le indagini al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf e inizialmente ha istruito il fascicolo per frode in commercio, nel documento trasmesso alla Suprema Corte, in base all’articolo 54-bis del codice di procedura penale, ha chiesto innanzitutto di chiarire a chi spetta occuparsi della vicenda del pandoro rosa. E ciò in quanto, successivamente, anche l’ufficio requirente piemontese, guidato da Onelio Dodero, ha aperto un fascicolo gemello a carico di Chiara Ferragni e Alessandra Balocco, amministratrice delegata della casa dolciaria.
Proprio nelle pieghe della memoria inviata a Roma si è scoperto che sono stati indicati anche gli altri due casi su cui sono stati accesi i riflettori dai pm milanesi, ossia quello delle uova di cioccolato e quello della bambola, in realtà chiamata “Mascotte Chiara Ferragni”, prodotta in collaborazione con Trudi, l’azienda friulana acquisita nel 2019 dalla Giochi Preziosi, con sede legale a Milano. Società quest’ultima che, a differenza delle altre due, non ha alcun amministratore allo stato indagato.
Da quanto trapela, gli inquirenti e gli investigatori meneghini ritengono che i tre episodi siano legati dal “vincolo della continuazione” e che la indiscussa competenza territoriale milanese di quello più antico in ordine di tempo, ossia il caso della bambola, sia dirimente. Non così per i magistrati di Cuneo, secondo cui fa fede l’eventuale ingiusto profitto – requisito previsto per qualificare la truffa – che, a loro dire, si è realizzato a Fossano, sede della Balocco.
Ora la parola passa al pg della Cassazione posto che solo i pubblici ministeri cuneesi hanno rivendicato l’inchiesta. E una volta individuato chi dovrà procedere, spiegano con una nota i legali della influencer, Marcello Bana e Giuseppe Iannaccone, “chiariremo al designato magistrato ogni aspetto” delle tre vicende. “Siamo totalmente certi della assoluta innocenza di Chiara”, aggiungono i difensori. Innocenza che “emergerà dalle indagini che verranno condotte”.
Intanto, nelle prossime ore i pm milanesi dovranno valutare pure l’esposto depositato dal Codacons relativo alla campagna del 2020 per raccogliere fondi contro il Covid attraverso una “capsule collection” a edizione limitata di biscotti, realizzata insieme a Oreo. Infine, sempre Giorgia Meloni è intervenuta affermando di “non essere pentita per le sue dichiarazioni sulla vicenda del pandoro. Mi è dispiaciuto che sia stato letto come uno scontro, figuriamoci se c’era voglia e interesse a uno scontro con Chiara Ferragni”, ha detto.
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