“Per omaggiare mio nonno ho partecipato a tale cerimonia in divisa, il minimo che potessi fare per onorare chi ha dovuto affrontare tali difficoltà e tale sacrificio”: il capitano Vito Sacchi, comandante della compagnia carabinieri di San Vito dei Normanni, ha ricevuto a Serre dal prefetto di Salerno Francesco Russo, la medaglia d’onore per il nonno Vito, carabiniere deportato e internato nei lager nazisti tra il 1943 e il 1945.
“Generalmente e per indole non amo scrivere sui social e/o comunque condividere pensieri che riguardano i miei familiari ma ho avvertito una vibrazione e provato un’emozione nel ricevere la medaglia che due righe su mio nonno le devo scrivere” si legge tra le righe del post pubblicato sul proprio profilo facebook dal capitano Vito Sacchi.
“Mi devo scusare con lui perché nel marzo del 1995, avevo quasi 9 anni, non ricordo cosa stessi facendo quando ho saputo della sua morte mentre per mia nonna Maddalena e per mio nonno Peppo ricordo ogni particolare ma avevo un’altra età” prosegue nel post Vito Sacchi, facendo trasparire la sensibilità e la genuinità dell’uomo oltre la divisa.
Il nonno Vito, nato nel 1918, si arruolò come carabiniere Reale nel 1938 (aveva 20 anni) e nel ‘39, all’inizio della Guerra, fu destinato in Albania. Nel 1943, dopo l’armistizio e qualche giorno di fuga dai rastrellamenti tedeschi fu catturato e deportato in Germania fino alla liberazione del 1945.
“Ricordo che era un uomo buono, generoso, mite, riservato, responsabile e che non amava parlare della guerra. Affrontare una guerra mondiale a 21 anni ed essere deportato per due anni (dai 25 ai 27) in un campo di lavoro coatto, ritornare a casa dopo mesi di viaggio, scendere alla stazione ferroviaria, avendo un peso di 50 chili circa, tanto da non essere riconosciuto dal fratello e dalla sorella… quanta forza… riprendere il servizio da carabiniere dopo aver giurato una seconda volta (la prima al Re e la seconda alla Repubblica)… uomini di altri tempi, uomini forti, uomini fedeli, uomini silenziosi e privi di rancore, uomini d’azione.
“Penso che la frase la mela non cade mai lontano dall’albero dia l’idea di come mio nonno sia stato un punto di riferimento per mio padre, che si sacrifica tanto per la famiglia e che mi ha insegnato che impara l’arte e mettila da parte non è una frase fatta ma uno stile di vita, uno scopo, e per le mie zie, che da buone insegnanti, non hanno mai smesso di tramandare i suoi valori a me, a mio fratello e ai miei cugini.”
E c’è un parallelismo nella vita dei due carabinieri, nonno e nipote, perché come prima destinazione a Vito senior diedero la stazione carabinieri di Palombara Sabina nel Lazio e Vito nipote vi ha fatto il tirocinio, quindi il suo primo periodo in territoriale, alla stazione di Marcellina vicinissima a Palombara Sabina. “Quasi cento anni dopo” ha raccontato il capitano Sacchi della compagnia di San Vito dei Normanni.
“Leggendo il libretto matricolare ho sorriso per la sua “abilitazione alla bicicletta”, la calligrafia perfetta, la cartolina d’arruolamento con il motto “usi obbedir tacendo e tacendo morir” e il ricordo dello sguardo fiero di mia nonna e di mia zia Clementina ogni volta che passavo a salutarle perché, come nei famosi corsi e ricorsi storici di Vico, anche io sono Vito Sacchi, un Carabiniere.
Mio nonno era di Caprioli, una piccola frazione di circa 800 abitanti del comune di Pisciotta e che, come i caduti e reduci del mio comune, è stato un esempio, un eroe, un sopravvissuto che non ha avuto bisogno di ringraziamenti per il suo senso del dovere e che amava profondamente la sua famiglia e il suo piccolo paese… un uomo semplice… un vero italiano.
Anche questa medaglia verrà incorniciata, insieme alle altre e alla sua foto, in un quadretto che custodirò gelosamente. Chi mi chiederà chi era quel carabiniere dirò con fierezza… era mio nonno! Proteggimi sempre da lassù!! Onore ai caduti! Onore all’Arma dei Carabinieri! Onore a mio nonno!”
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