“L’agire dell’imputato, e degli altri concorrenti nel medesimo reato sarebbe comunque connotato da crudeltà, poiché dalla visione del video emerge chiaramente come si sia trattato di contegni eccedenti la normalità causale, in quanto inflitte in danno di detenuto psichiatrico, in quegli specifici momenti apparso completamente inerme e disteso sul pavimento alla mercé degli agenti, senza alcuna reazione, venendo dunque ad essere connotate da sofferenze aggiuntive ingiustificate”.
A scriverlo è la gip di Bari, Rossana de Cristofaro, nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso luglio, l’ex sovrintendente della polizia penitenziaria di Bari Domenico Coppi fu condannato – in abbreviato – a tre anni e sei mesi di reclusione per tortura, rifiuto d’atti d’ufficio e falso ideologico. In ordinario sono a processo altri 11 imputati tra infermieri e agenti, cinque dei quali rispondono del reato di tortura. I fatti – secondo l’accusa – si verificarono nel carcere di Bari la notte del 27 aprile 2022, ai danni di un detenuto con problemi psichiatrici che, prima di subire le violenze, aveva dato fuoco a un materasso della propria cella.
Proprio il detenuto, durante il pestaggio, “si trovava in stato di privazione della libertà personale – si legge nella sentenza – e comunque in condizione di minorata difesa” e “al momento della condotta aggressiva giacente in terra, da solo, al cospetto di un numero cospicuo di agenti”. “Le gravi violenze esercitate sulla vittima – scrive ancora la gip – hanno comportato acute sofferenze fisiche e ragionevolmente anche un verificabile trauma psichico”, il tutto contro un soggetto che, durante tutta l’azione, era “di fatto innocuo”.
Con lo stesso provvedimento è stato anche condannato a un anno e due mesi per omessa denuncia (pena sospesa) il medico dell’infermeria Gianluca Palumbo, mentre l’agente Roberto Macchia è stato assolto “perché il fatto non costituisce reato” dall’accusa di rifiuto d’atti d’ufficio.
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