BARI – Potrebbero non aver funzionato i sensori che fanno scattare il riscaldamento e l’allarme nella culla termica in cui è stato trovato senza vita un neonato la mattina del 2 gennaio a Bari. È quanto emerso dalla consulenza di circa 3 ore che si è tenuta nelle scorse ore nel locale che ospita la culla nel perimetro esterno alla parrocchia San Giovanni Battista. I sensori sono collegati al materassino e dovrebbero azionare riscaldamento e far partire la chiamata sul cellulare del parroco ogni qualvolta rilevano un peso. Dall’autopsia, infatti, era emerso che il bambino sarebbe verosimilmente morto per ipotermia. Dai test eseguiti, dunque, sarebbe stato rilevato il corretto funzionamento dell’alimentatore della culla e della scheda telefonica dalla quale sarebbe dovuta partire la chiamata verso il cellulare di don Antonio Ruccia, indagato per omicidio colposo insieme al tecnico Vincenzo Nanocchio che lo scorso 14 dicembre, dopo alcuni blackout e dopo essere stato chiamato dallo stesso parroco, sostituì l’alimentatore e ne verificò il funzionamento. Don Ruccia, dal canto suo, disse sin da subito, dopo il ritrovamento del neonato, che il suo telefono, quella mattina, non aveva squillato. Quanto rilevato dai consulenti tende dunque a far escludere che la chiamata non sia partita a causa di presunti danni legati ai blackout. Il materassino, portato via, sarà sottoposto ad ulteriori accertamenti che riguarderanno anche l’intero funzionamento della culla. La consulenza, affidata dalla Procura di Bari al professore di ingegneria elettrica del Politecnico di Bari, Saverio Mascolo, e al perito Luigi De Vecchis, è stata effettuata alla presenza dei consulenti di parte Michele De Ligio (per Nanocchio) e Paolo Lino (per il parroco), anch’egli docente di ingegneria elettrica al Politecnico. Presente anche il parroco
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