La mafia foggiana riesce a far convivere la mafia militare, feroce e cruenta, con la mafia degli affari: questo la rende unica e peculiare, tanto da essere definita ormai quarta mafia”. È un passaggio della relazione sulla missione fatta a Foggia nello scorso settembre dai componenti della Commissione parlamentare antimafia.
Nelle 50 pagine del documento, si evidenzia che per molto tempo la situazione criminale nel Foggiano è stata sottovalutata “a tutti i livelli: istituzionali, politici, d’opinione pubblica e degli organi d’informazione, in maniera colpevole o dolosa, e questo avrebbe comportato la crescita e il radicamento della mafia.
”A giudizio della commissione è necessario intervenire prioritariamente su due questioni cruciali, ovvero il rapporto tra mondo delle imprese e organizzazioni mafiose, e la forza del radicamento mafioso sul territorio anche grazie a modelli culturali basati sull’omertà e sul disprezzo delle istituzioni”, si legge.
La Commissione sottolinea che “molti operatori economici traggono ragioni di convenienza dal rapporto con la mafia: anche persone perbene, non complici né collusi, beneficiano di una convenienza ambientale e capovolgere questo equilibrio per rendere conveniente denunciare è l’impresa più difficile. Per questo – suggerisce la commissione -, è fondamentale che una strategia efficace punti sulle giovani generazioni, sul miglioramento delle loro condizioni di vita, soprattutto nelle aree più periferiche e negli ambienti più emarginati, sotto il profilo delle opportunità di lavoro e culturali”.
A causa del contesto di emergenza criminale persistente, la commissione auspica non solo che “le autorità di governo continuino a seguire con attenzione le mafie pugliesi, ma che si preveda un rafforzamento delle strutture di contrasto, aumentando gli organici delle forze dell’ordine, ma soprattutto della magistratura e del personale amministrativo”.
Efficace contrasto dopo la strage del Gargano.
“Sicuramente lo spartiacque è rappresentato dalla strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017 con l’omicidio di due innocenti: i fratelli Luciani. Da quel momento, l’azione dell’autorità giudiziaria e delle forze di polizia è stata costante ed efficace, l’attenzione di governo e parlamento è apparsa adeguata alla gravità dei problemi e la stessa società civile ha cominciato a reagire”. È quanto evidenzia la relazione della Commissione parlamentare antimafia dopo la missione fatta a Foggia nei mesi scorsi.
La reazione all’assassinio dei due agricoltori, uccisi insieme al boss Mario Luciano Romito e al cognato Matteo De Palma, perché ritenuti testimoni scomodi dell’agguato al capoclan, è per i parlamentari una “incoraggiante premessa” per il cambiamento del territorio in provincia di Foggia che però “non può fare dimenticare i complessi problemi da affrontare e risolvere a diversi livelli, sia delle istituzioni sia della società”.
A preoccupare è stata anche “l’evasione dal carcere di Badu ‘e Carros il 25 febbraio 2023 di Marco Raduano ritenuto il capo della mafia viestana” e arrestato il mese scorso. La sua fuga “aveva giustamente suscitato grande clamore e preoccupazione per una ripresa dei conflitti mafiosi nell’area del Gargano”. La relazione “costituisce necessariamente un punto di partenza e la Commissione intende esercitare appieno le sue funzioni continuando a monitorare quanto avviene nella provincia foggiana, sia nel manifestarsi del fenomeno mafioso sia nell’azione di contrasto, e svolgendo un’azione di impulso e di sostegno verso tutti i soggetti dal cui impegno, accanto a quello dispiegato da autorità giudiziaria e forze di polizia, dipende il successo del contrasto: mondo politico, enti locali, società civile, mondo economico, agenzie educative”, aggiungono i parlamentari e concludono: “Comprendere che la partita non può giocarsi solo sul fronte repressivo e giudiziario è la condizione per attenuare questo divario tra società civile e istituzioni”.
Nel foggiano, 12 anni senza pentiti.
“Dal 2007 al 2019 nel Foggiano non vi è stato alcun collaboratore di giustizia” mentre “le vittime tendono a non denunciare e quando lo fanno spesso ritrattano in dibattimento”. È quanto evidenzia la commissione parlamentare antimafia dopo la missione dello scorso 8 settembre a Foggia. Il lavoro dei parlamentari si è basato sull’ascolto di forze dell’ordine, magistratura e associazioni che hanno permesso di delineare un quadro preciso della situazione criminale nel Foggiano.
”Il traffico di sostanze stupefacenti, anche internazionale, lo spaccio di droga, la detenzione illecita di armi, le estorsioni, l’usura, le rapine, i molteplici e frequenti furti di auto, le truffe a tutti i livelli, gli assalti ai furgoni portavalori e ai tir, l’effrazione degli sportelli Bancomat, anche con l’uso di armi da guerra, la corruzione della Pubblica amministrazione, il caporalato e il conseguente sfruttamento del lavoro, sono i principali reati posti in essere dalle cosche sul territorio foggiano”, si legge nel documento che non tralascia l’analisi del tessuto produttivo. “L’economia della provincia di Foggia è fondata essenzialmente sull’agricoltura e storicamente si è sempre fatto ricorso al lavoro nero” ai danni per lo più di “cittadini di nazionalità rumena e di lavoratori provenienti dall’Africa centrale e dai paesi dell’Europa dell’est”.
”La criminalità – annota la commissione – tenta di incunearsi nelle dinamiche di selezione della manodopera con il pizzo richiesto dai caporali sulla paga presa dai lavoratori e sul trasporto effettuato per portarli nelle campagne”. “I lavoratori vivono in una situazione di grave degrado igienico sanitario, alloggiano in baracche fatiscenti o in vecchi containers in precarie condizioni alloggiative”, sostengono i parlamentari evidenziando il “crescente fenomeno della tratta degli esseri umani e dell’immigrazione clandestina”.
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