Si chiamano comunque matrimoni bianchi, quei matrimoni all’interno dei quali non trovano spazio emozioni, sentimenti, emotività e sessualità. Sono unioni che poco hanno di coppia e tanto di azienda, basata spesso solo su interessi economici o parvenze sociali. Sono quelle relazioni ben lontane dal rispetto del rapporto di coppia, all’interno della quale ognuno vive una finzione e fuori dalla sfera confort si vive una vita parallela dove si cercano emozioni e gratificazioni. Spesso sono confini ben deliberati dai coniugi, in un tacito assenso che possa non consegnarsi in pasto ad una società che il più delle volte li ignora ma all’interno della quale loro si credono notabili. Capita spesso che nella rete di questa ipocrisia qualcosa di rompa fino ad arrivare ad una guerra dei Roses ma dove la mancanza di sessualità diventa determinate anche per i giudici. E così “Partner avvisato, mezzo salvato.” D’ora in poi, si potrà dire così al coniuge che rifiuta di avere rapporti sessuali di coppia, «spingendo» così il proprio partner ad avere un amante. E se l’avviso fa scattare una reazione arrabbiata o stupita, basterà dire che a stabilirlo è stata la Corte di Cassazione. I giudici di legittimità, infatti, con una recente ordinanza hanno accolto il ricorso presentato da un uomo che, non avendo avuto rapporti sessuali con la moglie per lungo tempo, aveva deciso di rifugiarsi in una relazione clandestina, rifiutandosi poi di riconoscere l’imputato addebito della separazione (avvenuta una volta scoperto il misfatto).Prendendo una decisione, i giudici hanno fatto prevalere il principio generale secondo il quale «in tema di separazione, grava sulla parte che richieda l’addebito l’onere di provare sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l’efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza».
Inoltre, specifica la Corte, l’onere della prova grava sulla parte che richiede che l’addebito della separazione venga attribuito all’altro coniuge per inosservanza dell’obbligo di fedeltà.
D’altra parte, spetta a chi eccepisce l’inefficacia dei fatti messi a fondamento della domanda di addebito della separazione, ossia l’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare l’anteriorità della crisi matrimoniale all’infedeltà.Nel caso concreto, la Corte d’Appello aveva confermato l’addebito a carico del marito, che era stato incastrato durante la sua infedeltà da un investigatore privato ingaggiato dalla moglie, il quale non gli aveva lasciato scampo. L’uomo, che già durante il secondo grado di giudizio si era difeso sostenendo che la moglie non gli concedeva rapporti sessuali (fatto dalla stessa confermato durante il processo), decide di ricorrere in giudizio, dove la pronuncia è favorevole. La Suprema Corte, infatti, ribalta la decisione sostenendo l’importanza della tutela della sfera sessuale, rinviando poi alla Corte d’Appello di Milano la scelta.
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