Attenzione ai rischi legati allo ‘sharenting’, il fenomeno dilagante della condivisione sui social delle immagini dei minori. L’allerta arriva dalla Società italiana di pediatria (Sip) che rileva come per ogni bimbo ogni anno siano circa 300 le foto messe online e per tanti genitori condividere sui social media le foto dei propri figli è un’abitudine consolidata, talvolta accompagnata dall’aggiunta di dettagli quali il nome del piccolo, la sua età e dove vive.
Secondo uno studio europeo, ogni anno i genitori condividono online una media di 300 foto dei figli e prima del quinto compleanno ne hanno già condivise quasi 1.000.
Le prime tre destinazioni sono Facebook (54%), Instagram (16%) e Twitter (12%). Ma sono tanti i rischi in agguato, di cui gli stessi genitori sono spesso inconsapevoli e che implicano questioni relative alla tutela dell’immagine del minore, alla riservatezza dei dati personali, alla sicurezza digitale, e che possono esporre anche alla pedopornografia.
Così, mentre in Francia è in discussione in Parlamento una proposta di legge che vorrebbe limitare la condivisione di foto dei figli online, in Italia, nel novembre scorso, la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Carla Garlatti ha sollecitato per lo sharenting l’applicabilità delle disposizioni in materia di cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chiedere direttamente la rimozione dei contenuti.
A fare il punto su questo fenomeno è ora uno studio in via di pubblicazione sul Journal of Pediatrics di cui è primo autore il Pietro Ferrara, responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della Sip.
In media, evidenzia il lavoro, l’81% dei bambini che vive nei paesi occidentali ha una qualche presenza online prima dei 2 anni, percentuale che negli Usa è pari al 92%, mentre in Europa si attesta al 73%. Entro poche settimane dalla nascita, il 33% dei bambini ha proprie foto e informazioni pubblicate online.
E un numero crescente di bambini nasce digitalmente ancor prima della nascita naturale: si stima che un quarto dei bambini abbia un qualche tipo di presenza online prima di venire al mondo e negli Stati Uniti il 34% dei genitori pubblica abitualmente ecografie online, percentuale che in Italia si attesta al 15%.
Nella “maggior parte dei casi gli intenti dei genitori che condividono foto online dei figli sono innocui – afferma Ferrara – ma non va sottovalutato che questa pratica può associarsi ad una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini – spiega Pietro Ferrara – a partire dal rischio di furto di identità”.
“È importante supportare le mamme e i papà, bilanciando la naturale inclinazione a condividere con orgoglio i progressi dei figli con l’informazione sui rischi connessi alla pratica dello sharenting”, afferma la Presidente Sip Annamaria Staiano.
Dai pediatri arrivano 5 consigli a garanzia della sicurezza: essere consapevoli che lo sharenting è una pratica sempre più diffusa, ma non per questo bisogna sottovalutarne i potenziali pericoli. Condividere immagini, video e qualsiasi tipo di contenuto che abbia come protagonisti i bambini significa costruire il ‘dossier digitale’ di un bambino senza il suo consenso; prevedere una certa cautela e, in molte occasioni, l’anonimato, per prevenire furti di identità; non condividere immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità; attivare notifiche che avvisino i genitori quando il nome dei loro figli appare nei motori di ricerca; rispettare il consenso e il diritto alla privacy dei minorenni.
L’articolo 31 della Costituzione, ricorda la Sip, “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” e la Convenzione Internazionale su diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sottolinea come debba necessariamente essere data preminenza agli interessi e alla dignità del minorenne.
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