BRINDISI – Sette persone e due società sono accusate dalla Procura della Repubblica di Brindisi di aver messo in piedi una presunta associazione per delinquere capace, tra le altre cose, di costruire e consegnare parti di aereo non conformi e quindi non sicure mettendo a rischio anche la sicurezza del trasporto aereo.
Si tratta di un’inchiesta dal respiro internazionale, con il supporto anche dell’FBI, che vede Leonardo e Boeing come parti offese. Le indagini sono state eseguite dalla Guardia di finanza del comando provinciale messapico.
Attentato alla sicurezza dei trasporti, inchiesta shock a Brindisi
Nei giorni scorsi, all’esito di complesse e articolate attività investigative, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di sette soggetti e due società, ritenuti, in ipotesi d’accusa, coinvolti in un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una pluralità di reati, dall’attentato alla sicurezza dei trasporti, all’inquinamento ambientale, alla frode in commercio.
Un primo e delicato filone d’indagine, curato sotto il profilo investigativo dal personale del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brindisi, ha riguardato la commissione di reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in commercio, in forma associativa, da parte di amministratori – di fatto e di diritto – di due società brindisine attive nel settore aerospaziale, in danno della Leonardo e dell’americana Boeing, aziende leader mondiali nella produzione di aeromobili per scopi civili e militari. Tale attività ha tratto origine da una precedente indagine svolta sempre dalle Fiamme Gialle brindisine, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, conclusasi nel 2021 e che aveva portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per fatti di bancarotta, all’arresto di tre responsabili e alla denuncia a piede libero di altri quattro indagati. Le investigazioni svolte dai finanzieri si sono concentrate, sulle forniture di componenti aeronautiche cedute dalle aziende brindisine alla Leonardo – Aerostrutture per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner, aereo di punta della multinazionale americana. Nello specifico, è emerso che per la realizzazione di componentistica anche strutturale dei velivoli, veniva impiegato titanio commercialmente puro invece della prescritta lega di titanio, così come le leghe di alluminio utilizzate erano difformi da quelle previste, generando un notevole risparmio sull’acquisto delle materie prime da parte delle società fornitrici. Ciò ha comportato la realizzazione di parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi anche sulla sicurezza del trasporto aereo. I preliminari accertamenti hanno portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeroplano (cd. Part Number) appositamente campionate per i successivi esami qualitativi, realizzate in materiale diverso da quanto previsto dalle specifiche di progetto.
Attentato alla sicurezza dei trasporti, l’aiuto dell’Fbi
Le consulenze disposte dalla Procura della Repubblica di Brindisi e svolte da tecnici specializzati nel settore aerospaziale hanno certificato la non conformità di almeno 4.829 componenti realizzate in titanio e di almeno 1.158 componenti di alluminio. L’attività peritale e le indagini, condotte anche con rogatoria internazionale negli Stati Uniti d’America, si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, creare nocumento alla sicurezza dei velivoli, imponendo alla compagnia americana l’avvio di una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti. Le attività di indagine hanno visto la collaborazione fattiva, in qualità di parti offese, della Leonardo e della Boeing, grazie alle quali è stato possibile individuare le componenti aeronautiche non conformi, oltreché del Dipartimento di Giustizia americano e dell’F.B.I., questi ultimi coadiuvando gli investigatori delle Fiamme Gialle e l’Autorità Giudiziaria nella fase dell’esecuzione della rogatoria internazionale.
Inchiesta su aerei non conformi, i reati ambientali
Un secondo filone investigativo ha riguardato la commissione, da parte della medesima compagine criminale, di reati ambientali, appurando lo sversamento in alcuni terreni della zona industriale brindisina di pericolose sostanze inquinanti derivanti dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. Tale attività di indagine, curata da personale della Squadra Mobile della Questura di Brindisi, ha portato al sequestro di 35 cisterne contenenti ciascuna 1.000 litri di rifiuti speciali pericolosi, accertando altresì l’avvenuto sversamento di altri rifiuti speciali pericolosi contenuti in 12 cisterne rinvenute vuote. Gli indagati, colti in flagranza di reato dal personale della Polizia di Stato, dopo aver rimosso una parte del muro di cinta tra le aree di proprietà, venivano bloccati mentre svuotavano nel terreno altrui (della superficie complessiva di 1.960 mq) e nei pozzetti di drenaggio delle acque meteoriche, il contenuto delle 12 cisterne, pronti a svuotarne altre 5. Inoltre, gli agenti rinvenivano in un locale aziendale altre 30 cisterne, illecitamente stoccate, contenenti il medesimo rifiuto. Ulteriori approfondimenti investigativi, condotti in sinergia tra il personale della Squadra Mobile e i militari della Guardia di Finanza, anche attraverso apposito sorvolo con elicottero dotato di termocamera del Reparto Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza di Bari, consentivano di individuare un terreno, adiacente al plesso produttivo di proprietà di una delle società incriminate, in cui gli investigatori sospettavano vi fossero state illecitamente sversate altre quantità di rifiuti speciali pericolosi. La successiva consulenza di natura tecnica effettuata sul terreno in questione permetteva di provare la contaminazione del suolo e del sottosuolo con sostanze inquinanti e nocive quali cromo, cromo esavalente, rame, zinco, stagno e idrocarburi, nonché delle acque sotterranee con mercurio, boro, antimonio, arsenico, cromo totale, nichel, piombo, cromo esavalente, rame, zinco, manganese, ferro e cloruri e, infine, della vegetazione circostante con rame, zinco e piombo. La stessa consulenza consentiva altresì di constatare che l’inquinamento aveva interessato il terreno sino alla profondità di tre metri, in concentrazioni largamente superiori ai limiti, previsti dalla normativa per le zone industriali.
All’esito delle indagini, ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi ha emesso il citato avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di sette soggetti e due società, le cui notifiche ai rispettivi destinatari sono state curate dalle Forze di Polizia che hanno condotto le indagini.
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