A dichiararlo è Alessandro Dipino, segretario provinciale della UGL Metalmeccanici di Taranto, che aggiunge. “Tali dichiarazioni sono sconcertanti, volte ad aumentare la preoccupazione per una imminente chiusura dello stabilimento, oltre a essere un modo per continuare a batter cassa”.
“Siamo sempre più preoccupati circa la malagestione dell’azienda nella quale i massimi vertici aziendali rilasciano dichiarazioni diametralmente opposte; 100 milioni che per un’azienda di tale grandezza dovrebbero rappresentare un’inezia, invece costituisconoun ostacolo insormontabile che potrebbe determinare la chiusura della fabbrica, ma, soprattutto, siamo preoccupati e delusi dalla mancanza di provvedimenti seri e rapidi da parte del Governo italiano, che a seguito dell’ultimo incontro a Palazzo Chigi ancora non ha esternato la propria linea di condotta sulla questione dell’ex ILVA, continuando a interloquire con il socio privato pur dichiarando la strategicità del comparto siderurgico. E mentre si minacciano prima l’ipotesi del commissariamento poi quello della liquidazione, che determinerebbe il fallimento anche delle imprese dell’indotto, passa inesorabilmente altro tempo”.
La UGL Metalmeccanici è totalmente convinta che l’attuale socio privato sia totalmente inaffidabile e pericoloso per la salvaguardia degli asset produttivi e occupazionali, anche a seguito della strategia adottata di convogliare tutta la produzione del Laminato a Freddo verso gli stabilimenti di Novi Ligure e Genova, riducendo ancor più la produzione a Taranto che, invece dovrà provare a sopravvivere esclusivamente con la produzione che deriva dall’area a Caldo” prosegue Dipino.
“Continuiamo e continueremo a sostenere l’ipotesi che l’unica strada perseguibile sia l’ingresso in maggioranza dello stato, attraverso INVITALIA, unico socio che sinora ha versato denari in un buco nero, seppur senza mai chiedere conto di dove siano mai finiti queste ingenti risorse economiche, oltre a predisporre un piano di incentivo all’esodo per le migliaia di lavoratori, oramai lasciati senza alcuna prospettiva di sviluppo e obbligati nel limbo della rassegnazione”, conclude Dipino
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