Dai debiti dell’azienda al problema liquidità, dalla proprietà degli impianti al confronto tra i soci. Lucia Morselli, ad di Acciaierie d’Italia, ha messo in fila tutti i punti del dossier ex Ilva parlando per circa un’ora davanti alla commissione Industria del Senato.
L’audizione, però, non ha convinto i sindacati che hanno espresso la loro irritazione mentre il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, continua a spingere sulla necessità di ”cambiare rotta ed equipaggio”.
Morselli ha comincia la sua audizione parlando del debito: “Di fatto un po’ meno di 700 milioni, di cui scaduto solo la metà. I 3,1 miliardi emersi dai documenti depositati al Tribunale di Milano sono “in massima parte” debito “intercompany” cioè “per circa un miliardo verso la società capogruppo”, ha sostenuto Morselli. Un altro miliardo invece riguarda l’acquisto degli impianti attualmente in possesso di Ilva in amministrazione straordinaria. In definitiva, tira le somme Morselli, “solo il 18% di questi 3 miliardi è debito scaduto”.
Per Morselli l’azienda “non è in una situazione drammatica”, ma ci sono due principali problemi strettamente connessi: liquidità e proprietà degli impianti. “Il nostro affitto scade tra tre mesi, è impossibile trovare accesso a finanziamenti bancari”, spiega, indicando la priorità: “Acquistando gli impianti si risolverebbero tutti i problemi, perché AdI diventerebbe un’azienda normale”.
Morselli conferma che tra socio pubblico e privato il confronto prosegue “per trovare soluzioni alla compagine societaria. Arcelor Mittal ha già detto che è disponibile a cedere la maggioranza. Questo porterà a un cambio di governance, di gestione e management”.
Di “confronto serrato” parla il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, “per capire se c’è una strada che possa evitare il commissariamento”. Laddove “non ci fosse, a breve procederemo con l’amministrazione straordinaria”. Netta la posizione di Urso sulla necessità “di cambiare rotta ed equipaggio” dal momento che “il principale azionista di Acciaierie d’Italia, che guida l’azienda, cioè Arcelor Mittal, ci ha comunicato che non ha alcuna intenzione di mettere risorse”.
Ancora aperta e tesa la partita per il salvataggio delle imprese dell’indotto. A Taranto imprenditori aderenti ad Aigi hanno mantenuto anche durante la notte un presidio davanti alla prefettura della città, per poi spostarsi sotto la sede del municipio. Nell’ambito della protesta per invocare la tutela dei crediti, che Aigi stima in 140 milioni, è stato anche occupato il ponte girevole di Taranto con ripercussioni sul traffico in centro. Sul tema Morselli chiarisce: “Per quanto riguarda il debito dell’indotto di Taranto, al 31 dicembre 2023, abbiamo 72 milioni di scaduto. Poi ci saranno debiti che arriveranno a scadenza, ma molto poco, perché hanno smesso di lavorare a gennaio”.
E sulla collaborazione con Sace per fornire i documenti utili ad attivare aiuti e garanzie rilancia: “La definizione giuridica di indotto non c’è. Ho proposto a Sace di chiedere io ai fornitori se erano interessati alle misure allo studio. In due ore mi hanno risposto in 78. Presumo che nelle prossime ore ne arriveranno molti di più”.
La situazione irrita i sindacati che, dopo l’annuncio di autoconvocazione a Palazzo Chigi, sono stati invitati per un confronto lunedì 19 febbraio alle 18.15. Dura la posizione del segretario generale della Uilm, Rocco Palombella: “Occorre immediatamente interrompere questo teatrino che diventa ogni giorno più drammatico. Lunedì dal governo vogliamo finalmente risposte chiare e definitive, non ci può essere un futuro per l’ex Ilva con Mittal”.
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