SAN VITO DEI NORMANNI – “Mia sorella è morta a seguito di un colpo di sonno, dopo aver lavorato per 17 ore consecutive presso la Fondazione San Raffaele di Ceglie Messapica, dove svolgeva la professione di infermiera da appena tre settimane, visto che aveva ottenuto la laurea da relativamente poco. L’inesperienza di mia sorella non ha però fermato l’istituto in questione dal sottoporla a ritmi di lavoro massacranti e ad arrivare a gestire 28 degenti in una notte”.
Il post è firmato da Flavio Viva Sorge, fratello di Sara, la sfortunata 27enne deceduta lo scorso 15 febbraio in un tragico incidente stradale alle porte di San Vito dei Normanni. Sara, quella notte, come la precedente, aveva lavorato di notte. Turni, secondo il fratello, massacranti. Il post pubblicato su Facebook è un’accusa al sistema, oltre che una difesa per i giovani professionisti che, come Sara, ogni giorno, in diversi ambiti, devono lavorare più degli altri. Fino, alle volte, a morire, per quel lavoro.
Lo sfogo di un fratello
“Lei era mia sorella, Sara Viva Sorge, morta dopo essersi schiantata con la sua auto contro un palo dell’illuminazione alle prime luci dell’alba del 15 Febbraio. Mia sorella era molto prudente, rispettava sempre i limiti, non usava mai il cellulare alla guida, e addirittura non accendeva mai la radio. Mia sorella, infatti, è morta a seguito di un colpo di sonno, dopo aver lavorato per 17 ore consecutive presso la Fondazione San Raffaele di Ceglie Messapica, dove svolgeva la professione di infermiera da appena tre settimane, visto che aveva ottenuto la laurea da relativamente poco. L’inesperienza di mia sorella non ha però fermato l’istituto in questione dal sottoporla a ritmi di lavoro massacranti e ad arrivare a gestire 28 degenti in una notte. Ma tanto si sa, i novellini appena arrivati sono carne da macello in queste realtà ospedaliere, che sono tanto attente alla salute dei pazienti, ma non a quella dei dipendenti. Questo post ha la funzione di denuncia sociale nei confronti della situazione in cui versano medici e infermieri, affinché, nel futuro, un’altra vita o un’altra famiglia come la nostra non venga distrutta”.
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