LECCE – Nonostante l’accusa di aver trafficato droga arrivata in Italia dall’estero resti in piedi, il 42enne di Francavilla Fontana Pierluigi Chionna è stato scarcerato dal Tribunale del Riesame di Lecce in accoglimento dell’istanza presentata dal suo legale, l’avvocato Michele Fino. Chionna, come si ricorderà, era stato raggiunto da un’ordinanza emessa dal Gip del tribunale salentino lo scorso 22 gennaio. Oggi, è tornato a casa.
Come “Mani Pulite”
“Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi, anteriormente alla emissione della prima ordinanza, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire altri, i termini – recita il dettame normativo – decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave”.
In pratica, la scarcerazione sarebbe dovuta all’applicazione del principio del divieto della contestazione a catena. Un principio che trova le sue basi sulla scia dell’Inchiesta Mani Pulite degli anni ’90. La norma, infatti, trae fondamento dall’esigenza, avvertita dal legislatore nel 1995, di arginare il fenomeno inflazionistico di elusione dei termini di custodia e con lo scopo di garantire al soggetto coinvolto una “giusta e ragionevole” durata della misura cautelare. La chiave è quella della “retrodatazione”: per la legge, insomma, si deve considerare, in tema di misura cautelare, il momento di esecuzione o di notifica del primo provvedimento, con eventuale perdita di efficacia delle successive misure cautelari. Per questo, nel pomeriggio di oggi, Chionna ha lasciato il carcere di Lecce per raggiungere la sua abitazione di Oria, in regime di domiciliari. L’ordinanza, quella più vecchia, non ha certo perso la sua efficacia. Allo stesso modo, restano in piedi le accuse che ipotizzano il ruolo apicale del 42enne nella presunta organizzazione criminale oggetto delle indagini della Guardia di Finanza di Brindisi coordinata dalla DDA di Lecce.
Il traffico di droga
Nell’ordinanza firmata lo scorso 22 gennaio dal Gip Cinzia Vergine, che emise 20 provvedimenti di custodia carcere a fronte di 40 indagati, esisteva un cartello gestito da alcuni uomini albanesi con la collaborazione di esponenti di spicco della criminalità brindisina e tarantina. Un presunto traffico internazionale di droga che, da Olanda e Turchia, arrivava in Italia a bordo di camion e pullman turistici. Il centro logistico era però la provincia di Brindisi. Qui, emergeva, secondo gli investigatori, il ruolo apicale rivestito da Chionna, ritenuto referente degli albanesi con la “protezione” della criminalità organizzata di Manduria. Un “affare” da centinaia di miglia di euro che, poi, aveva attirato anche gli interessi della Sacra Corona Unita di Mesagne, pronta a rivendicare, su mandato dell’ex boss Giovanni “5 lire” Donatiello, una parte di quei guadagni. L’accordo, dice l’ordinanza, non fu però trovato. Con conseguenze drammatiche che gli inquirenti collegano proprio alla guerra tra malavitosi.
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