La Corte d’appello di Catanzaro, al termine dell’udenza di oggi, si è riservata di decidere sull’istanza di revisione del processo a carico di Giovanni Camassa, l’agricoltore salentino di 57 anni, di Melendugno, condannato nel 2012 all’ergastolo per l’omicidio di una sua conoscente, Angela Petrachi, di 31 anni, anche lei di Melendugno. La giovane mamma scomparve il 26 ottobre del 2002 e fu trovata morta l’8 novembre in un boschetto di Borgagne. Fu seviziata e uccisa. Il sostituto pg, Raffaella Sforza, al termine della discussione, ha chiesto alla Corte l’inammissibilità dell’istanza di revisione perché non sussistono nuove prove che possano portare al proscioglimento dell’imputato.
I legali di Giovanni Camassa, gli avvocati Ladislao Massari e Marilina Strafella, hanno invece posto l’accento sulla novità della prova, ovvero sulla nuova metodologia usata per analizzare e caratterizzare i reperti e isolare le tracce genetiche trovate sugli indumenti della vittima, soprattutto sulle calze di nylon, che hanno permesso di isolare e caratterizzare il Dna di un uomo, inizialmente indagato nell’inchiesta. I legali dell’agricoltore avevano fatto ricorso in Cassazione dopo che la Corte d’appello di Potenza aveva dichiarato inammissibile l’istanza di revisione del processo. La Suprema corte aveva accolto il ricorso e stabilito che a decidere sull’ammissibilità della richiesta doveva essere la Corte d’appello di Catanzaro.
Giovanni Camassa si è sempre dichiarato innocente: assolto in primo grado “per non aver commesso il fatto”, è stato poi condannato in appello per omicidio volontario aggravato, violenza sessuale e vilipendio di cadavere, sentenza divenuta poi definitiva. Nei giorni scorsi l’ergastolano, dal carcere di Lecce, ha scritto ai due figli ribadendo la sua innocenza. “Un clamoroso errore giudiziario mi ha tolto la vita, la libertà, la dignità e l’onorabilità che meritavo e merito”, ha sottolineato l’uomo. (ANSA).
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