BARI – Un metodo collaudato. Un algoritmo che – nel punteggio – avrebbe permesso di aggirare la voce relativa all’offerta a vantaggio di altre voci e fare in modo che aziende come la Cobar – che mai si è occupata di strutture sanitarie – vincesse l’appalto per la realizzazione del covid hospital in Fiera del Levante a scapito di aziende come la Operamed che aveva già costruito opere simili e che ha ottenuto, invece, due punti in meno. E così, con l’accusa di aver truccato un appalto partito da 8,6 milioni di euro e arrivato a 25, ma non solo, la procura di Bari ha individuato i dieci presunti responsabili. Al vertice l’ex dirigente della Protezione civile pugliese, Mario Lerario, e all’allora responsabile del procedimento, Antonio Mercurio. Entrambi erano nella commissione aggiudicatrice nonostante l’incompatibilità.
L’indagine del procuratore Roberto Rossi si è allargata ad altre procedure per 100 milioni ed ha evidenziato episodi di turbativa tra cui la fornitura di arredi e attrezzature per la sala mensa del Consiglio regionale della Puglia. Oltre a Lerario e Mercurio sono indagati Vito De Mitri della Sis.Med, società pagata per fornire container (mai consegnati) per Tac per l’ospedale Covid; Felice Antonio Spaccavento, componente della commissione di gara che ha contribuito ad assegnare alla Cobar i lavori per l’ospedale Covid, Sigismondo Zema della ditta Zema di Bari, Andrea Barili della Barili srl, Francesco Girardi della Agrigirardi, Vito Vincenzo Leo della Leo Impianti, Domenico Tancredi della Tancredi restauri che ha svolto lavori a casa di Lerario dopo che gli era stato affidato un appalto in una scuola di Barletta, e Alessandro Goffredo Nuzzo della società La Pulisan, a cui starebbe stato garantito l’appalto per la pulizia degli uffici regionali, bando poi annullato. Per tre di loro la Procura aveva chiesto l’arresto
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