“Non era la giornata per entrare nel dettaglio della cassa integrazione, ma un aggiornamento sulla prospettiva della stessa. L’azienda ci ha presentato un primo approccio su quanto stanno facendo e ci verrà fornito un rapporto su come il piano di ripartenza stia rispondendo. Abbiamo chiarito che una cassa integrazione deve dare certezze non solo sui livelli di produzione attuali, ma anche su cosa accade se gli impianti ripartono e la produzione aumenta. Questo è fondamentale per noi”. Così Valerio D’Alò della Fim al termine dell’incontro Ilva-sindacati presso il Ministero del Lavoro, sulla richiesta di cassa integrazione per 5.200 lavoratori avanzata dai commissari.
Per i lavoratori, la Fim chiede “integrazioni salariali, rotazioni, formazione in presenza e tutto ciò che può essere messo in campo. L’azienda ha già mostrato disponibilità a un’integrazione salariale fino al 70%, portandola al livello di quella dei lavoratori di Ilva in assistenza straordinaria. È stata chiesta tutela per tutto il bacino dei lavoratori, con apertura e disponibilità da parte dell’azienda”. D’Alò ha concluso dicendo che “abbiamo ancora forti divergenze sui numeri di partenza della procedura. È positivo che tutti i manutentori siano esclusi dalle rotazioni, ma il dato di partenza è ancora lontano da quello attuale”.
Guglielmo Gambardella, segretario nazionale della Uilm e responsabile Siderurgia, ha aggiunto: “Ancora una volta ci troviamo di fronte a una cassa integrazione con numeri quasi raddoppiati rispetto alla precedente, senza una prospettiva che dia certezze a 20mila lavoratori dell’ex Ilva, inclusi i migliaia di lavoratori del sistema degli appalti, in grave sofferenza e incertezza. Non possiamo parlare solo di cassa integrazione senza un percorso di ripresa delle attività che garantisca una prospettiva produttiva e il rientro dei 5.200 lavoratori”. Gambardella ha concluso sottolineando la necessità di certezza delle risorse per il piano di ripartenza, come il prestito ponte di 320 milioni, ancora in attesa di approvazione dalla Commissione europea.
Francesco Rizzo e Sasha Colautti dell’esecutivo confederale Usb hanno espresso preoccupazione: “Non possiamo accettare i numeri presentati, sembrano fuori dalla realtà. Abbiamo chiesto una drastica riduzione e un’integrazione salariale importante a tutela del reddito. È necessario un dialogo costruttivo e garanzie sul piano industriale e sulla sostenibilità economica, che solo il governo può determinare”.
Adelmo Barbarossa della UGL Metalmeccanici Alessandro Dipino, della Segreteria Provinciale della UGL Taranto hanno ribadito la necessità di misure per la ripartenza dei siti produttivi e la tutela dei lavoratori: “La cassa integrazione riguarderebbe circa 5.200 lavoratori, di cui 4.400 a Taranto. Si è chiesto di rivedere al ribasso i numeri per ricucire lo strappo tra management e lavoratori. L’azienda ha confermato la disponibilità a un’integrazione salariale al 70% e rassicurazioni sugli adeguamenti contrattuali. La discussione proseguirà in future riunioni per entrare nello specifico degli investimenti e delle disponibilità economiche necessarie al rilancio produttivo”.
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