TARANTO – Una indagine sorprendente. Se lo stabilimento ex Ilva producesse 6 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, il rischio per la salute per popolazione di Taranto sarebbe “ampiamente accettabile”. Lo sostiene uno studio sulla valutazione dell’impatto sanitario commissionato da Acciaierie d’Italia (ora in amministrazione straordinaria) e depositato lo scorso 12 giugno al Ministero della Salute che dovrà decidere sul riesame dell’Autorizzazione integrata ambientale.
La valutazione si riferisce alla produzione annua autorizzata dall’Aia sulla base degli interventi ambientali già realizzati.
Lo studio di 222 pagine è firmato da Alfonso Cristaudo, già ordinario di Medicina del Lavoro dell’Università di Pisa, e da Annalisa Romiti, ingegnere della società Icaro Srl. Adesso sarà il Ministero della Salute a fare le sue valutazioni.
Il documento richiama anche il problema dell’alcool e del tabagismo come cause più incidenti dei tumori rispetto alle emissioni dello stabilimento. “I risultati ottenuti dal tossicologico non cancerogeno – si afferma – mostrano un rischio ampiamente accettabile. Sono stati ottenuti HI (Hazard Index, indice di pericolosità, ndr) inferiori a 1 per tutti gli organi bersaglio considerati”. Nel dettaglio, “considerando conservativamente – osservano gli autori dello studio – il rischio totale per una esposizione pari a 70 anni, si assiste nel passaggio dall’ante operam a quello post operam a una significativa diminuzione del rischio pari a circa il 37% nel caso dell’area di Taranto e del 42% nel caso del quartiere Tamburi”.
Altre valutazioni riguardano l’approccio tossicologico cancerogeno e l’approccio epidemiologico. A Taranto, secondo la Vis di Acciaierie d’Italia, “si registra un regresso del 38-40% per la mortalità da cause naturali, fino al 7% per la mortalità da tumore al polmone, 43% per la mortalità da malattie cardiovascolari, fino al 13% per la mortalità da malattie respiratorie”
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