Era da tempo caduta nell’oblio e finalmente è ritornata ad essere presa nella considerazione che merita e che le si addice come prima patrona di Lecce dal 1466 sino a quando non venne spodestata nel 1656 dal protovescovo e protomartire Oronzo proclamato patrono nel 1658 dalla Sacra Congregazione dei Riti dopo aver liberato la città dalla peste che infuriava nel regno di Napoli.
Nonostante questo oscuramento mirato da parte di mons. Luigi Pappacoda, disposto a tutto pur di sancire il primato di S. Oronzo e di riflesso episcopale sugli ordini religiosi riformati, il culto in onore di S. Irene rimase impresso nel cuore dei Teatini che alla giovane vergine e martire avevano eretto e dedicato una delle chiese più belle del centro storico del capoluogo salentino. Il busto della Santa, invocata come protettrice contro i fulmini, è ritornato ad essere intronizzato nella sua chiesa per essere venerato dai devoti.
Inoltre, ieri in occasione della memoria liturgica l’antica patrona è stata celebrata degnamente, rievocando la sua potenza taumaturgica. A Lecce la venerazione per la Santa oscurata ma pur sempre compatrona è intimamente legata, come a Tessalonica, alla torre in cui fu rinchiusa per diverso tempo e alla tradizionale fiera caratterizzata dall’esposizione di vasi e oggetti di artigianato in terracotta.
Il ricordo di S. Irene, la cui etimologia del nome significa Pace, vibra ancora tra i vicoli del borgo e in modo particolare nella chiesa abbaziale di Cerrate dove si può ammirare nel medaglione, incastonato nella base lapidea dell’altare maggiore, la raffigurazione dell’antica patrona di Lecce immersa nella pace celeste.
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