BARI – Il commissariamento dell’Arti, l’Agenzia regionale per la Tecnologia e l’Innovazione era arrivato nel pomeriggio di mercoledì portando con sé un alone di mistero. Il perché, però, è stato svelato con un comunicato della Guardia di Finanza di Bari giunto nella serata.
Alfonso Pisicchio – ex numero uno dell’ente – e suo fratello Enzo sono finiti ai domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Procura di Bari che riguarda presunti appalti truccati. I reati contestati all’ex assessore regionale Alfonso insieme ad altre sei persone (una in carcere, quattro ai domiciliari e due destinatarie del divieto di esercitare le attività professionali) sono corruzione, truffa aggravata e turbata libertà degli incanti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
In carcere è finito Cosimo Napoletano. Ai domiciliari il dirigente comunale Francesco Catanese e l’imprenditore Giovanni Riefoli. Interdizione dall’attività professionale per Vincenzo Iannuzzi e Grazia Palmitessa.
Secondo l’accusa i fratelli Pisicchio avrebbero ricevuto 156mila euro per sé stessi e per il partito Iniziativa Democratica (una delle liste a supporto del centrosinistra alle regionali 2020) dalle aziende riconducibili a Riefoli, anche sottoforma di consulenze fittizie.
Nell’ordinanza firmata dalla gip del tribunale di Bari, Ilaria Casu, si spiega che le accuse di corruzione e turbata libertà degli incanti riguardano il periodo in cui Alfonso Pisicchio era assessore della giunta Emiliano, quando avrebbe utilizzato “la sua influenza politica e le sue relazioni per una gestione clientelare del suo ruolo”. Enzo Pisicchio, invece, sarebbe stato “il suo faccendiere”.
I due Pisicchio, in concorso con il dirigente comunale Catanese e un con componente della commissione di gara, rispondono anche di corruzione per aver truccato l’appalto per l’affidamento della riscossione della Tarsu, Tares, Tari e Imu in favore della Golem Plus, in cambio i due dipendenti avrebbero ricevuto l’assunzione di mogli e figli. Enzo Pisicchio avrebbe invece ottenuto l’acquisto di mobili, feste private, un cellulare, un tablet e l’assunzione fittizia della figlia Rebecca, mentre il fratello Alfonso avrebbe potuto indicare chi assumere in base alla preferenza elettorale. L’inchiesta è partita dalle testimonianze della dirigente regionale Barbara Valenzano che al Noe dei carabinieri ha raccontato delle irregolarità rilevate nelle decisioni di un funzionario del Servizio attività estrattive.
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