Un pensionato 66enne di Foggia si è visto recapitare dall’Inps una lettera con cui pretendeva la restituzione di due mensilità della pensione perché risultava morto il “1° dicembre 2023″, pur essendo vivo e vegeto.
Un incredibile equivoco che l’uomo ha potuto chiarire solo presentandosi di persona all’istituto di previdenza sociale per farsi riconoscere. Eppure, la situazione si è sbloccata solo parzialmente: perché se non deve restituire le mensilità di gennaio e febbraio 2024, quella di marzo, che avrebbe dovuto riscuotere il primo giorno del mese, è ancora congelata.
“I funzionari dell’ente hanno dichiarato di aver risolto la questione, per cui nel database dell’Inps risulta disposto il pagamento degli emolumenti di marzo – spiega il 66enne -. Ho comunicato all’istituto di credito presso cui ho spostato il mio conto che il problema era stato superato e che di lì a poco avrebbero accreditato la pensione. Ma a oggi ancora nulla”.
Nando, questo il nome del pensionato, si è rivolto a un avvocato che ha provveduto subito a inviare all’Inps una lettera di messa in mora per risarcimento danni, “in quanto – si legge -, a oggi la pensione di marzo non è stata accreditata e stando a quanto si apprende potrebbero passare anche alcuni mesi fino a quando tutto sarà allineato”.
Il legale, nella lettera inviata all’Inps, chiede anche la corresponsione dell’emolumento di marzo entro tre giorni. “A oggi non ho nemmeno la reversibilità di mia moglie, deceduta a novembre scorso e che sarebbe dovuta essere accreditata già a febbraio, ma risultando morto nemmeno quella mi è stata erogata. Una vicenda assurda e che farebbe sorridere se non fosse drammatica sotto molti profili”, chiosa Nando.
Nella lettera che il pensionato ha ricevuto dall’Inps emerge che non dovrà restituire le mensilità di gennaio e febbraio, dell’importo di 1597 euro ciascuna. La spiegazione sta nell’oggetto della missiva: “decesso non avvenuto”. Ma per il mese di marzo c’è da attendere a causa di un problema informatico.
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