BARI – Se gli inquirenti avrebbero voluto intercettarla, per il gip non ci sarebbero stati gli estremi per farlo. Ecco perché Anita Maurodinoia, attuale assessore regionale ai Trasporti, ai più conosciuta come “Lady preferenze” per il suo pacchetto da 6mila voti alle Amministrative del 2019 e da 20mila con i quali è approdata in Consiglio regionale nel settembre 2020, non compare tra le 135 misure cautelari dell’inchiesta della Dda Codice Interno che il 26 febbraio scorso ha portato alla luce la fitta rete tra malavita locale, politici e colletti bianchi. Secondo il gip Marco Galesi, il 22 maggio 2019 la polizia non avrebbe raccolto “sufficienti indizi” per intercettare l’assessore regionale. Così le intercettazioni disposte d’urgenza dalla Procura il giorno precedente furono bloccate. Continuarono invece per Olivieri e altri indagati, che all’approssimarsi del giorno del voto – il 26 maggio – e nelle ore successive parlarono di preferenze comprate e di elettori da ricompensare. Il nome di Maurodinoia sarebbe emerso il 20 maggio 2019, quando il trojan della Polizia avrebbe catturato una conversazione tra il candidato Michele Nacci, la suocera Bruna Montani (entrambi finiti in carcere) e il pregiudicato Pasquale Tisti. È a lui che i primi due si sarebbero rivolti per chiedere voti.
Intanto, dalle carte della magistratura sarebbero emersi altri dettagli su Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale al centro dello scandalo della compravendita di voti per far eleggere sua moglie, Maria Carmen Lorusso, in consiglio Comunale nel 2019. A quanto pare – infatti – l’avvocato avrebbe sospettato di essere intercettato ma se ne sarebbe disinteressato. “E le prove dove stanno?”, si sente in un’intercettazione con la moglie. A garantirgli l’imbeccata, una persona non identificata dagli inquirenti che però avrebbe avuto agganci in questura, come emerso dalle carte dell’operazione.
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