BARI – È passato un mese e ancora nessun indagato. Quello che sembrava essere un caso che si sarebbe risolto in poco più di 48 ore si sta per trasformare in un cold case. Sono trascorsi 30 giorni da quel 18 dicembre quanto in una sera di inizio inverno, a pochi giorni da Natale, la vita del 63enne fisioterapista, Mauro di Giacomo, è stata spezzata da sette colpi di pistola esplosi in un’area parcheggio davanti casa, in via Tauro, al quartiere Poggiofranco di Bari.
Gli inquirenti hanno sin da subito escluso la pista della malavita organizzata. Per questo starebbero continuando a scandagliare la vita privata di questo professionista, marito e padre di due figli. Sotto la lente degli investigatori i suoi contatti sul cellulare, la lista dei suoi clienti e le frequentazioni professionali sia dello studio del rione San Pasquale dove lavorava, sia del Policlinico di Bari dove prestava servizio come Osteopata.
Poi c’è quella lettera anonima arrivata in studio qualche giorno prima dell’omicidio e indirizzata al suo titolare, probabilmente contenente accuse sui suoi comportamenti tenuti con alcuni pazienti. A un mese dal delitto vige ancora il massimo riserbo sulle indagini coordinate dal sostituto Matteo Soave e dagli uomini della squadra mobile del capoluogo. Il fascicolo aperto in via Dioguardi è ancora a carico di ignoti. L’accusa è di omicidio volontario.
E allora, mentre le voci in città si rincorrono e le ipotesi vanno tutte verso la vendetta personale esercitata con estrema cattiveria (date le contusioni trovate dal medico legale Francesco Introna sul corpo del 63enne), la domanda – a un mese dal delitto – resta: chi è l’uomo incappucciato e vestito di nero che la sera del 18 dicembre scorso ha fatto fuoco all’indirizzo del fisioterapista, per darsi poi alla fuga in auto? Neanche le telecamere di videosorveglianza per ora hanno saputo dare una risposta ma intanto si continua a indagare.
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