“Arcelor Mittal si è dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza, ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l’intero onere finanziario sullo Stato, ma, nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d’Italia di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione. Cosa che non è accettabile né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato. Abbiamo quindi dato mandato a Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione”.
Così al Senato Adolfo Urso, ministro delle Imprese, che poi ha ricostruito, dal 2016, la vicenda degli stabilimenti ex Ilva. “Di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel marzo 2020 il Governo Conte 2, con l’allora ministro Patuanelli, avviò una nuova trattativa con gli investitori franco-indiani da cui è nata Acciaierie d’Italia con l’ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che definire leonini è un eufemismo”, dice Urso.
”Nessuno che abbia cura dell’interesse nazionale avrebbe mai sottoscritto quel tipo di accordo. Nessuno che abbia conoscenze delle dinamiche industriali avrebbe accettato mai quelle condizioni. La governance era di fatto rimasta nelle mani del socio privato che nel frattempo però deconsolidava l’asset, a dimostrazione del proprio disimpegno, richiamando anche i propri tecnici e non immettendo più alcuna risorsa nell’azienda. Ricordo come si è giunti a questa situazione, non per recriminare, ma per rimediare. Non per accusare, ma per superare, spero insieme”, ha proseguito Urso.
Sull’ex Ilva “intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio – continua Urso -. Ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa. L’impianto è in grave crisi: nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni. Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Sul piano occupazionale e del rilancio industriale, nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in spregio agli accordi sottoscritti. Perfino negli anni in cui la produzione era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”, ha evidenziato il ministro.
“C’è l’urgenza di un intervento drastico, che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni”, ha concluso Urso.
potrebbe interessarti anche
Ex Ilva, ritardi pagamenti indotto: la denuncia della Uilm Taranto
Brindisi, ancora fiamme alte nel deposito rifiuti: preoccupazione per danni ambientali
Taranto, Campagna presidente del Formedil Cpt
Taranto, cambio al vertice della Cassa Edile. Bozzetto nuovo presidente
Tragedia a Nardò: operaio 70enne muore travolto da un crollo
Martina Franca: rapina all’ufficio postale di Motolese