MILANO – Ancora un nulla di fatto nell’assemblea di oggi di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, nella quale i due soci, Arcelor Mittal e Invitalia erano chiamati a intervenire circa il sostegno finanziario urgente da assicurare alla società. L’assemblea è rimasta aperta ed è stata aggiornata al 22 dicembre. Si parla anche di una memoria legale che Mittal, socio di maggioranza col 62 per cento di Acciaierie, avrebbe presentato nella assemblea odierna.
Da Mittal, socio di maggioranza di Acciaierie, non è venuto nessun segnale di disponibilità a intervenire finanziariamente per l’azienda che si trova in uno stato di grave difficoltà. Secondo alcune fonti, Mittal avrebbe messo in campo “manovre dilatorie”. Il socio pubblico Invitalia, che ha la minoranza di Acciaierie, era invece pronto ad intervenire per la società.
L’azienda intanto comunica che oggi nel siderurgico di Taranto, nella prima delle due giornate di sciopero indette da Fim, Fiom e Uilm contro la fermata dell’altoforno 2 già avviata da lunedì, “tutti i 70 lavoratori previsti nei primi due turni hanno regolarmente prestato servizio”. L’azienda ricorda infine “come siano previste comandate specifiche nell’area a caldo al fine di salvaguardare gli impianti e proteggere l’incolumità delle persone”.
I sindacati, in sciopero, invocano l’intervento del
governo per salvare la più grande acciaieria d’Europa.
“Le notizie che trapelano dall’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, in merito all’ennesimo rinvio, sono inaccettabili” dichiara Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil.
“E’ chiaro ormai l’intento di Arcelor Mittal – prosegue – di minare l’ex Ilva non dando avvio alla ricapitalizzazione ed impedendo gli investimenti necessari per garantire il presente ed il futuro del gruppo siderurgico.
Il Governo italiano difenda la dignità del Paese, dignità che i lavoratori difendono scioperando per salvare gli impianti, evitando lo spegnimento di Afo2, e per garantire la transizione ecologica della produzione di acciaio. Il Governo non si faccia più tenere in ostaggio da Arcelor Mittal e nelle prossime ore intervenga per prendere il controllo e la gestione dell’azienda”.
Dura reazione anche dell’AIGI.
“Restiamo sconcertati di fronte all’ennesimo nulla di fatto e all’ennesimo rinvio della trattativa tra soci cui è legato il destino della grande fabbrica, delle imprese e dei lavoratori. Un nuovo rinvio che lascia prefigurare scenari allarmanti rispetto all’immediato futuro dello stabilimento siderurgico.
Eravamo fiduciosi e speravamo fossero solo fantasie giornalistiche quelle rilanciate oggi da un autorevole quotidiano nazionale.
Ma, le distanze che si registrano ancora oggi tra parte pubblica e socio privato emerse dal rinvio al prossimo 11 dicembre dell’assemblea dei soci, ci preoccupano profondamente anche in virtù dell’ipotesi del commissariamento rilanciata oggi da “Il Giornale”. Un’ipotesi che riteniamo inaccettabile.
Non si può pensare, ancora una volta, di giocare sulla pelle degli imprenditori che negli ultimi anni hanno mantenuto in piedi lo stabilimento ritenuto strategico per l’economia della intera nazione.
“Abbiamo ribadito in diverse occasioni- asserisce l’ingegner Fabio Greco, presidente nazionale di Aigi- che per rilanciare lo stabilimento siderurgico serve un piano industriale che garantisca all’ex Ilva di tornare a produrre ed essere competitiva sui mercati. Agitare anche in questa occasione lo spauracchio del commissariamento lo riteniamo una grave mancanza di rispetto per i sacrifici che le nostre imprese hanno compiuto e continuano a compiere per tentare di salvare il più importante baluardo dell’economia locale”.
“La nostra l’associazione che raduna le aziende dell’indotto siderurgico -conclude il presidente- da mesi tenta, invano, di aprire la via del dialogo con il Governo centrale al fine di addivenire ad una soluzione che possa garantire la ripresa della produzione in chiave ecocompatibile e che salvaguardi le imprese, i lavoratori e l’intera economia del territorio. Una soluzione che tarda ad arrivare e che rischia di far sprofondare nel baratro l’indotto siderurgico e con esso tutto il circuito economico locale. La situazione è insostenibile. Non si può pensare di arrivare ogni anno nel mese di dicembre, quando le imprese sono gravate da onerose scadenze fiscali e finanziarie, ad uno scaduto esigibile così importante. Ciò comporterà inevitabilmente delle conseguenze di cui non potremo essere ritenuti responsabili “.
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