A Taranto il workshop “La decarbonizzazione dell’industria siderurgica: un passo avanti” organizzato da Acciaierie d’Italia con il patrocinio di AIDIC – Associazione Italiana di Ingegneria Chimica, RINA, Università del Salento, Università degli Studi di Bari, Politecnico di Bari, Università di Pisa, “Sapienza” Università di Roma e ANIMP – Associazione Nazionale di Impiantistica Industriale.
Partecipazione anche di EUROFER, Nextchem, Ordine Ingegneri Taranto, ORI MARTIN, Paul Wurth, Stellantis, Technip Energies Italia e Tenova.
Secondo i relatori, il percorso di decarbonizzazione dell’industria siderurgica primaria è stato avviato e potrà vedere i primi risultati nell’arco di 2-3 anni, con un orizzonte conclusivo di 10-20 anni nel corso dei quali saranno da risolvere diverse complessità. Tra queste, lo sviluppo di nuove fonti energetiche pulite, in particolare l’idrogeno verde.
Conduce i lavori l’ingegner Adolfo Buffo, Direttore Generale Qualità, Ricerca e Sostenibilità di Acciaierie d’Italia, che ha sottolineato, sin dall’apertura dell’evento, che lo Stabilimento di Taranto ha realizzato un notevole sforzo di sviluppo sostenibile, con un investimento di circa 2 miliardi di euro nelle migliori tecnologie presenti sul mercato. Nuovi impianti e nuove tecnologie hanno garantito una drastica riduzione delle emissioni in aria, acqua e suolo. Oggi il sito di Taranto si può considerare un benchmark in Europa per le emissioni e per la produzione di acciaio che rispetta l’ambiente, recentemente presentato dall’azienda ai Clienti e denominato “Penisola Steel®”.
Nel corso dell’evento AIDIC delinea una prima strategia di decarbonizzazione dell’industria siderurgica primaria che potrebbe riguardare l’integrazione di gas di sintesi nell’attuale filiera da altoforno – gas prodotti anche attraverso la conversione di rifiuti – combinata con impianti di cattura della CO2.
Una ulteriore evoluzione potrà consistere nell’utilizzo di tecnologia DRI (Direct Reduction of Iron), che consente la riduzione del minerale di ferro per ottenere ferro metallico senza utilizzare carbone, unita all’utilizzo di forni ad arco elettrico. In questa seconda strategia sono di centrale importanza i temi dell’approvvigionamento del minerale per il DRI e della disponibilità di gas.
Secondo AIDIC valutare quello che succederà nell’industria siderurgica a partire dal 2035 è tutt’altro che facile e non è detto che l’utilizzo di idrogeno elettrolitico possa rappresentare l’unica soluzione. Considerando le limitazioni connesse a fotovoltaico ed eolico, “sembra doveroso chiedersi se questa domanda crescente non porterà alla rinascita del nucleare, in un’ottica di accoppiare con le acciaierie delle piccole centrali nucleari modulari, eventualmente alimentate a torio e non a uranio, rendendole completamente indipendenti e de-carbonizzate”.
Adolfo Aiello, Direttore di EUROFER (l’associazione europea dei produttori di acciaio), identifica 60 progetti di decarbonizzazione siderurgica in Europa, con obiettivo di conclusione entro il 2030 e potenziale abbattimento della CO2 nell’ordine di 81,5 mio/tons all’anno (più di un terzo delle attuali emissioni). Gli investimenti in conto capitale previsti sono pari a 31 miliardi di euro e le spese operative nell’ordine di 54 miliardi. L’energia elettrica necessaria stimata è intorno a 165 TWH, di cui 90 per la produzione di idrogeno da elettrolisi.
Essendo protagonisti di uno dei più importanti progetti in corso, Adolfo Buffo e Loris Pascucci, Direttore Investimenti Speciali di Acciaierie d’Italia, delineano i tre pilastri dell’azienda verso la decarbonizzazione.
- Il primo step riguarda l’efficientamento energetico e l’ottimizzazione ambientale degli impianti, con una riduzione delle emissioni di CO2 tramite l’introduzione di nuove tecnologie di parziale sostituzione del carbon fossile e la realizzazione di progetti che prevedano la cattura su larga scala della CO2 e lo stoccaggio geologico della stessa in siti specifici.
- Il secondo step riguarda l’elettrificazione dell’area primaria con l’utilizzo della tecnologia DRI.
- Il terzo step è lo sviluppo di impianti energetici per contribuire a fornire l’energia necessaria al ciclo produttivo: dal gas all’acqua e alle energie rinnovabili come il fotovoltaico e l’eolico offshore.
Altri rilevanti programmi in corso in Europa vengono sottolineati da Cristiano Castagnola di Paul Wurth, che illustra un progetto di impianto integrale siderurgico in Svezia alimentato al 100% con idrogeno verde, il cui primo modulo vedrà l’avvio nel 2025. Inoltre, viene esaminato un progetto in Germania, che partirà alla fine nel 2026, per arrivare alla alimentazione totale a idrogeno del modulo DRI. Per poter applicare su larga scala la tecnologia DRI/forno elettrico vi sono anche una serie di vincoli. Tra questi la disponibilità di minerale di ferro adatto, la necessità di compensare l’idrogeno verde con ammoniaca verde (NH3) quando il primo non può essere prodotto in modo competitivo, la necessità di disporre del doppio dei volumi di rottame e la disponibilità di energia pulita, anch’essa da raddoppiare per raggiungere gli obiettivi al 2050.
In merito all’idrogeno, elemento al centro del dibattito, Filippo Cirilli di RINA evidenzia come questa fonte abbia la potenzialità di sostituire i combustibili fossili con opportuni revamping delle tecnologie esistenti, ma anche peculiarità che richiedono la messa a punto dei processi e delle tecnologie con elevati costi. Sono già presenti tecnologie in grado di utilizzare l’idrogeno, per le quali saranno comunque necessarie ulteriori attività parallele di R&D, di ottimizzazione e di formazione.
Il fatto che nel breve-medio termine l’idrogeno non possa essere l’unica soluzione è anche sottolineato dai professori Renzo Valentini dell’Università di Pisa e Valentina Colla della Scuola Superiore di Sant’Anna, che mettono anche in evidenza il tema della creazione delle infrastrutture necessarie per il trasporto di questo elemento.
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