MOLFETTA – “Terra” anziché il materiale previsto dal capitolato. È quanto emerso dalle intercettazioni ambientali, video e telefoniche ai quali i finanzieri hanno sottoposto in tutto nove persone, tutte indagate nell’inchiesta che ha portato agli arresti il rappresentante legale della società fornitrice di materiale lapideo per i lavori di “messa in sicurezza”, un 45enne di Trani. Per il 50enne (di Castellana Grotte) direttore operativo dell’ufficio della direzione dei lavori e per il dirigente 54enne del Comune di Molfetta responsabile del procedimento, è scattata la sospensione dall’esercizio di pubblici uffici. Tutti rientrano nelle attività per la realizzazione del nuovo porto commerciale di Molfetta, nel Barese.
Dalle indagini è emerso che “le forniture in eccesso di materiale non conforme, ormai note a tutti gli indagati – scrivono gli inquirenti-, avrebbero provocato lamentele” a tal punto, che gli indagati avrebbero notato il colore rosso dello specchio d’acqua limitrofo ai lavori. L’operazione della guardia di finanza della Bat e dei colleghi baresi, ha portato – su richiesta del gip del tribunale di Trani – al sequestro di due società (fornitrice e subappaltatrice del materiale lapideo) per 250mila euro, con un giro d’affari di oltre 10 milioni. Le accuse sono: frode nelle pubbliche forniture, truffa, gestione illecita rifiuti. Il provvedimento costituisce l’epilogo dell’indagine avviata nell’ottobre del 2021 attraverso l’analisi della documentazione acquisita in cantiere nel febbraio 2022. L’inchiesta ha messo in luce un collaudato sistema di frode nell’ambito dell’opera di completamento del molo di sopraflutto. I materiali richiesti dovevano essere inalterabili e meccanicamente resistenti come richiesto da Capitolato Speciale di Appalto. Era prevista la fornitura e posa in opera di circa 106 tonnellate di materiale da cava, dei quali circa il 60% costituito da tout venant e il restante 40% da massi in scogliera”. E così gli indagati anziché fornire il materiale del capitolato, avrebbero utilizzato, attraverso l’ausilio di documenti di trasporto falsi, materiale proveniente da scavi eseguiti su terreni privati, materiale vegetale e di dubbia provenienza, inclusi rifiuti speciali, il tutto per circa 40 mila tonnellate. In ultimo, i finanzieri hanno scoperto che gli indagati avrebbero anche cercato di occultare le prove che potevano condurre alle loro responsabilità.
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